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Mo: negoziati, Kerry prova spallata verso accordo

Summit a Monaco con Quartetto. Ashton, é ora decisioni difficili

31 gennaio, 18:37

Il segretario di stato Usa John Kerry con il premier israeliano Benyamin Netanyahu Il segretario di stato Usa John Kerry con il premier israeliano Benyamin Netanyahu

(di Aldo Baquis) (ANSAmed) - TEL AVIV, 31 GEN - Un vertice con l'intero gotha di mediatori internazionali del Quartetto (Usa, Russia, Ue, Onu) per provare a dare una spallata verso un accordo ancora problematico dopo mesi di laboriose trattative israelo-palestinesi promosse su impulso del segretario di Stato americano, John Kerry. E' l'appuntamento in programma domani a margine della conferenza di Monaco di Baviera, a cui Kerry é atteso per illustrare un possibile accordo quadro elaborato dal Dipartimento di Stato dinanzi alla responsabile della politica estera Ue, Catherine Ashton, al segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, al ministro russo degli esteri, Serghiei Lavrov, e all'emissario del Quartetto, Tony Blair.

''Questo incontro - ha osservato Ashton - avviene in un momento in cui decisioni difficili e coraggiose devono essere prese. I dividendi della pace - ha aggiunto - sarebbero enormi, per gli israeliani e per i palestinesi''. La rappresentante europea ha preferito non addentrarsi viceversa sulle possibili ripercussioni di un fallimento. Ma in sua vece lo ha fatto, nei giorni scorsi, il ministro israeliano delle Finanze, Yair Lapid, voce centrista in un governo a maggioranza di destra, secondo cui le conseguenze di un flop non possono essere sottovalutate: la stessa economia del suo Paese subirebbe una forte onda d'urto e il livello di vita degli israeliani -prevede- precipiterebbe.

Kerry ha predisposto intanto le linee di un dettagliato accordo di principio che, per il momento, viene presentato come un documento americano sul quale israeliani e palestinesi potranno esprimere riserve. In queste settimane sia il premier israeliano Benyamin Netanyahu sia il presidente palestinese Abu Mazen hanno ostentato posizioni rigide, talvolta anche stizzite.

Eppure secondo indiscrezioni stampa e' possibile che dietro le quinte sia stata espressa maggiore disponibilità.

Per preparare il terreno a una nuova spola negoziale, Kerry ha inviato in avanscoperta il negoziatore Martin Indyk (ex ambasciatore Usa a Tel Aviv, ed ebreo). In un incontro a porte chiuse (immediatamente trapelato alla stampa) questi ha cercato di raccogliere consensi fra i leader di organizzazioni ebraiche in Usa. I suoi interlocutori hanno ricavato l'impressione che anche nel contesto di accordi definitivi di pace ''il 75-80 per cento dei coloni ebrei'' potrebbe restare nelle loro case, grazie anche a scambi di territori fra Israele e Palestina. Una informazione che, se confermata, renderebbe un po' meno arduo l'incarico di Netanyahu di ''vendere il piano Kerry'' sul fronte interno. Fine conoscitore della societa' israeliana e del peso dell' elettorato sefardita (in maggioranza sostenitore della destra), Indyk ha lasciato trasparire la possibilita' che in un accordo finale sarebbe affrontata anche la spinosa questione dell'indennizzo di centinaia di migliaia di ebrei originari dei Paesi arabi. Negli anni Cinquanta immigrarono in massa in Israele, spesso costretti a lasciarsi dietro i propri averi.

Meno chiare, invece, le rassicurazioni alle priorità che stanno a cuore alla leadership palestinese: dalla questione della continuità territoriale, a quella dei profughi a quella di Gerusalemme est capitale. Dopo il briefing di Indyk si sono avute al riguardo solo briciole di informazioni. La questione del futuro status di Gerusalemme e dei Luoghi Santi, a quanto pare, verrebbe ancora toccata da Kerry in termini vaghi e con contorti giri di parole per non scontrarsi con le suscettibilita' reciproche. Del resto le trattative si presentano ancora complesse. E la parola conclusiva non potrà comunque essere detta prima della fine del 2014. (ANSAmed).

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