(ANSAmed) - PARIGI, 16 GEN - Una conferenza di pace senza i
due protagonisti quella voluta dalla Francia a Parigi, oltre 70
Paesi presenti e un risultato che - secondo il capo del Quai
d'Orsay, Jean-Marc Ayrault - rappresenta "una mano tesa". Esce
rafforzata l'ipotesi della "soluzione a due Stati" e si
raggiunge una dichiarazione finale. Ma sulla sala delle
conferenze incombe l'avvento di Trump alla Casa Bianca e la sua
minaccia di trasferire l'ambasciata Usa da Tel Aviv a
Gerusalemme. Hanno insistito con decisione molti dei paesi arabi
presenti affinché nella dichiarazione finale fosse inserito
anche soltanto un accenno di censura alla possibilità che il
presidente americano eletto, che si insedierà fra soli 5 giorni,
possa rendere operativa la sua idea di considerare di fatto
Gerusalemme capitale di Israele. Alla fine, secondo quanto si è
appreso da fonti presenti al negoziato, gli arabi si sono
convinti a cedere, ma Ayrault ha dovuto fare qualche sforzo in
più esponendo diplomaticamente la Francia: "Sarebbe una
decisione molto gravida di conseguenze", ha detto il capo della
diplomazia francese, aggiungendo che se ci fosse una decisione
del genere si tratterebbe di "una provocazione". Lo stesso
Ayrault ha parlato di una dichiarazione che rappresenta una
"mano tesa" ai due governi, quello di Benyamin Netanyahu - che
aveva accusato questa conferenza di rappresentare "un passo
indietro" e di essere "futile" - e quello di Abu Mazen, che era
invece più che disponibile a partecipare ma che, per non
irritare ulteriormente il governo israeliano, si è fatto in modo
che non fosse presente nei locali del centro conferenze del Quai
d'Orsay bensì in un altro edificio. In effetti anche Israele,
secondo quanto è filtrato dall'ufficio di Netanyahu, avrebbe
apprezzato "l'addolcimento" del documento adottato rispetto ai
contenuti della risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu
dello scorso dicembre, specialmente nella parte riguardante le
colonie ebraiche in Cisgiordania. Inoltre, in una telefonata
diretta con il premier israeliano prima di partecipare alla
conferenza, il segretario di Stato Usa John Kerry - che tempo fa
criticò duramente la politica israeliana e Netanyahu in
particolare - si sarebbe impegnato sul fatto che da parte del
Consiglio di sicurezza Onu non ci saranno nuovi interventi
contro Israele. Osteggiando poi durante il summit qualsiasi
riferimento alla questione Gerusalemme nel documento.
Alfano, da parte sua, ha insistito sul ruolo dell'Italia,
determinante con il suo "contributo" per l'inserimento nella
dichiarazione finale di almeno due elementi precisi: le
violenze, l'incitamento al terrorismo, le parole 'che
infiammano', tutti elementi dai quali vengono messe in guardia
le due parti. E l'impossibilità di sostituire, in qualsiasi
modo, "il negoziato diretto fra le due parti", elemento
indispensabile per ogni passo avanti. E' emersa "una posizione
equilibrata grazie anche al nostro contributo", ha sottolineato
il titolare della Farnesina, secondo il quale il problema del
Medio Oriente non può ridursi agli insediamenti israeliani: "C'è
il tema di chi incita alla violenza e chi considera eroi o
martiri i terroristi. Finché sarà così, non ci sarà pace e
sicurezza in Israele".
La Conferenza di Parigi era stata convocata per rianimare un
processo di pace che, agli occhi di Parigi, sta stagnando, e al
quale farebbe ombra soprattutto la situazione siriana e quella
più in generale dei territori in mano all'Isis. Il timore di
Israele era che un documento troppo sbilanciato desse sostanza
ad un'altra risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni
Unite, che avrebbe potuto fare proprio il testo uscito dalla
conferenza di oggi. Un'eventualità che la diplomazia ha dovuto
sventare, a cinque giorni dall'insediamento di Trump alla Casa
Bianca, un evento che ha pesato in modo determinante su un
appuntamento già considerato soltanto simbolico come quello di
Parigi.(ANSAmed).