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Siria: "Le due italiane non sono nelle mani dell'Isis"

Fonti, Dall'Oglio vicino Raqqa. I rischi dei raid per gli ostaggi

16 settembre, 09:39

Greta Ramelli (S) e Vanessa Marzullo (nella foto tratta dal suo profilo facebook) Greta Ramelli (S) e Vanessa Marzullo (nella foto tratta dal suo profilo facebook)

(di Lorenzo Trombetta) (ANSAmed) - BEIRUT - Nel giorno in cui a Parigi si discute della coalizione internazionale anti-Stato islamico e mentre il regime di Damasco prosegue a compiere raid su postazioni jihadisti nel nord e nell'est del Paese, ci si interroga sui rischi che i bombardamenti contro l'Isis in Siria pongono all'incolumità dei numerosi ostaggi siriani e stranieri, tra cui il gesuita romano Paolo Dall'Oglio. La sorte di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due giovani italiane scomparse da un mese e mezzo in Siria, appare invece legata agli esiti delle faide tra gruppi armati che dicono di combattere il regime del presidente Bashar al Assad e che si spartiscono un territorio rurale a ovest di Aleppo. Fonti siriane vicine ai negoziati in corso per tentare di liberare le due italiane assicurano che Ramelli e Marzullo si trovano ancora nei pressi di Abizmu, località tra Aleppo e Atareb, dove sono state avvistate poco prima di far perdere le tracce il 31 luglio scorso. E che non sono nelle mani dell'Isis.

Nell'area almeno sei gruppi armati lottano per imporre la propria influenza accanto ad altre milizie minori. Nei giorni scorsi, i vertici di una delle più influenti milizie siriane del nord-ovest, Ahrar ash Sham, sono stati decapitati in un attentato dinamitardo dai contorni ancora oscuri. Fonti di Ahrar ash Sham avevano rivendicato l'arresto a ridosso della frontiera turca di "uno dei rapitori" delle due italiane. La persona arrestata, affermavano allora miliziani di Ahrar ash Sham, "era in contatto con gli italiani per negoziare il riscatto". Le fonti, interpellate dall'ANSA via Skype, non possono assicurare che le due giovani stiano bene, ma escludono che le ragazze siano finite nelle mani dell'Isis a Raqqa.

Qui risulta invece, secondo altre fonti che lavorano sul terreno per la liberazione di padre Paolo Dall'Oglio, che il gesuita, scomparso alla fine di luglio del 2013, sia ancora detenuto in una delle prigioni dello Stato islamico nel capoluogo settentrionale, da oltre un anno divenuta la piazzaforte dell'Isis in Siria. Impossibile verificare con esattezza la validità dell'informazione. Come è altrettanto impossibile dire se Dall'Oglio, più volte indicato come "ucciso", sia in buone condizioni di salute. Una delle carceri in cui potrebbe essere detenuto il prete italiano, per oltre trent'anni a capo in Siria di una comunità monastica dedita anche al dialogo islamo-cristiano, si trova a est di Raqqa, poco lontana dal confine con la regione di Dayr az Zor. Qui, il regime siriano ha compiuto intensi raid ieri contro un campo di addestramento dello Stato islamico, uccidendo 17 jihadisti e un bambino. L'aviazione di Damasco ha cominciato a colpire con regolarità posizioni dell'Isis solo da giugno scorso, dopo che lo Stato islamico ha potuto risalire quasi indisturbato tutto il corso dell'Eufrate e rafforzarsi a Dayr az Zor, Raqqa e lambire Aleppo.

E proprio grazie alla copertura aerea del regime siriano, le milizie curdo-siriane hanno ieri mattina massacrato 42 civili arabi, tra cui donne e bambini, nel nord-est della Siria durante l'offensiva contro l'Isis attestato a ridosso del vicino confine iracheno. (ANSAmed).

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