(di Elisa Pinna).
(ANSAmed) - ROMA, 16 OTT - Difficile immaginare che un Papa
possa mettere sullo stesso piano il sangue versato dai martiri
cristiani con quello dei martiri musulmani. Eppure Paolo VI lo
fece, in un viaggio in Uganda nel 1970, durante un discorso
definito dalla rivista missionaria 'Mondo e Missione' "il testo
più aperto da parte della Chiesa nei confronti dell'Islam".
I rapporti che Montini, il papa che domenica salirà agli
onori degli altari, ebbe con il mondo musulmano è uno dei tanti
aspetti rimasti spesso in ombra, in un pontificato stagliatosi
nella storia sopratutto per il dibattito conciliare e post-
conciliare.
Merito di indicare nuove e suggestive chiavi di lettura del
regno montiniano e della sua incredibile ricchezza teologica e
pastorale, al di là degli schemi del dibattito conciliare, è il
libro 'Paolo VI, destinazione mondo, i viaggi di Montini
incontro ai popoli', scritto da Giorgio Bernardelli e Lorenzo
Rosoli, per le edizioni EMI, uscito in occasione dell'imminente
beatificazione.
Aprendo lo "scrigno" dei nove viaggi internazionali di Paolo
VI, durante i quali - dal 1964 al 1970 - visitò 19 paesi dei
cinque continenti, emerge il filone completamente dimenticato e
del tutto sorprendente dell'Islam, pur tra visite che hanno
fatto storia, come quelle in Terra Santa o all'Onu.
Paolo VI, il primo papa missionario e pellegrino a mettere
piede fuori dall'Italia in 150 anni, il primo a far salire il
suo ponticato e la Chiesa su un aereo con la speranza di andare
molto lontano, ebbe incontri con i musulmani in diversi dei
suoi viaggi all'estero: la sua ultima missione internazionale,
nel 1970, cominciò addirittura con uno scalo - il primo e unico
di un Pontefice romano in tutta la storia della Chiesa -
nell'Iran sciita (ovviamente quello dell'epoca dello scià Rezha
Palevi); proseguì con un «fuori programma» in Bangladesh per
andare a portare personalmente la solidarietà tangibile della
Caritas alle vittime di una catastrofe naturale in un Paese
musulmano. E infine ci fu anche una terza tappa in Indonesia
dove riaffermò pubblicamente «la stima per i musulmani che
adorano l'unico Dio vivente», già espressa in Nostra Aetate.
"Ma il testo più clamoroso - se riletto con gli occhi di oggi
- è un discorso pronunciato ai musulmani dell'Uganda in cui
arriva addirittura ad estendere anche con loro l'idea di un
ecumenismo dei martiri", spiega uno degli autori Giorgio
Bernardelli.
In quel viaggio, dal 28 luglio al 2 agosto 1969, Montini, che
già come arcivescovo di Milano si era recato in Africa più
volte, volle rendere omaggio ai primi martiri cristiani
africani, uccisi tra il 1885 e il 1887, nell'ambito di
persecuzioni scatenate da re tribali locali. Si spinse però
molto più in là.
"Noi siamo sicuri di essere in comunione con voi (musulmani
ndr.), quando imploriamo l'Altissimo, di suscitare nel cuore di
tutti i credenti dell'Africa il desiderio della riconciliazione,
del perdono così spesso raccomandato nel Vangelo e nel Corano",
disse ai rappresentanti delle comunità islamiche incontrati
nella nunziatura di Kampala. "E come non associare alla
testimonianza di pietà e di fedeltà dei martiri cattolici e
protestanti - proseguì in passaggio che suona ancora oggi
rivoluzionario - la memoria di quei confessori della fede
musulmana, la cui storia ci ricorda che sono stati i primi, nel
1848, a pagare con la vita il rifiuto di trasgredire le
prescrizioni della loro religione?". (ANSAmed).