(ANSAmed) - ROMA, 4 GIU - Le donne musulmane sono vittime di
molteplici discriminazioni per l'intersezione di più fattori:
essere donne, essere immigrate, essere musulmane e l'inserimento
sul lavoro è uno dei maggior svantaggi rilevati. E' quanto
emerso dal rapporto dell'ENAR (European Network against Racism)
sul caso italiano portato avanti nell'ambito del progetto
europeo "Donne dimenticate" a cui la Casa internazionale delle
donne di Roma ha dedicato oggi una giornata di approfondimento
con rappresentanti di associazioni di donne, movimenti
antirazzisti, Ong, ricercatrici, giuriste, giornaliste.
"L'ambito lavorativo è quello in cui emergono maggiormente
discriminazioni e fenomeni di islamofobia - ha sottolineato
Giulia Dessì, ricercatrice responsabile del rapporto ENAR
sull'Italia -. Ho intervistato faccia a faccia diverse donne
musulmane, italiane e straniere, ed è l'abbigliamento, in
particolare il velo, a creare i maggiori ostacoli sul lavoro. A
molte donne viene chiesto di toglierlo durante l'orario
lavorativo e non tutte accettano. Purtroppo poche denunciano le
discriminazioni. Nell'ultimo rapporto l'UNAR, l'ufficio
anti-discriminazioni razziali, sono presenti solo due denunce da
parte di donne musulmane".
"Ho incontrato in prima persona difficoltà di inserimento sul
lavoro a causa del velo nonostante io sia nata in Italia. Finora
ho avuto solo promesse non mantenute" ha raccontato Sagidah
Ahmad, 26 anni, laureata in lingue e letteratura moderna,
rappresentante dell'associazione delle donne musulmane d'Italia
che ha sede Milano.
Hanno partecipato all'incontro, tra le altre, Loretta Bondi del
direttivo della Casa internazionale delle donne, la ricercatrice
Renata Pepicelli, la fumettista Takoua ben Mohamed, Barbara
Giovanna Bello, rappresentante dell'associazione studi giuridici
sull'immigrazione Asgi e la docente
Annamaria Rivera.