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Migranti: Fondazione Moressa illustra la "buona accoglienza"

Studio confronta buone pratiche europee protezione ed asilo

11 febbraio, 11:40

(ANSAmed) - ROMA, 11 FEB - Il 2015 ha raggiunto cifre record per quel che riguarda le migrazioni verso l'Europa, Italia compresa. Anche se risulta diminuita leggermente la rotta mediterranea, il fenomeno ha interessato in misura crescente i paesi balcanici e molti paesi Ue dell'Europa centrale. La Fondazione Leone Moressa, con il contributo di Open Society Foundations, ha analizzato gli elementi principali del sistema italiano di accoglienza, confrontandolo con alcune buone pratiche riscontrate in Europa. Lo studio, presentato al Ministero dell'Interno, intende fornire una panoramica della situazione attuale dell'accoglienza, offrendo spunti di riflessione utili a livello nazionale e locale. Secondo i dati forniti dall'operazione Frontex, gli ingressi irregolari in Europa nel 2015 sono stati oltre 1,5 milioni, cinque volte di più rispetto ai 280 mila del 2014. La rotta del Mediterraneo centrale (verso l'Italia) ha visto un leggero calo, mentre sono aumentate in maniera impressionante le rotte del Mediterraneo orientale (verso la Grecia, da 50 mila a 720 mila) e dei Balcani occidentali (verso l'Ungheria, da 43 mila a 667 mila). Dai primi dati del 2015, per la prima volta, il numero di migranti presenti nelle strutture italiane ha superato quota 100 mila. Di questi, oltre il 70% si trova in strutture temporanee. Il sistema Sprar, gestito direttamente dai Comuni e considerato il modello più efficace, si ferma al 20% delle presenze. A livello territoriale, un quarto dei migranti (24,8%) è concentrato in due sole regioni: Lombardia e Sicilia. Per quanto riguarda le richieste d'asilo in Europa, nei primi dieci mesi dell'anno si è superata quota 1 milione, il doppio rispetto allo stesso periodo del 2014. Il 62% delle richieste si è registrato in Germania, Ungheria e Svezia; paesi che hanno accolto il 75% dei Siriani richiedenti asilo.

L'Italia è al quarto posto per richieste d'asilo, ma con una bassa percentuale di Siriani. Tra le proposte avanzate dalla Commissione europea, uno dei punti chiave riguarda il ricollocamento di 15 mila migranti dall'Italia verso altri paesi Ue. In realtà, la risposta dei paesi membri è stata molto debole, tanto che ad oggi ne sono partiti meno di 200. Dall'altra parte, l'Ue continua a chiedere all'Italia maggiore rigore nell'identificazione dei migranti e nelle procedure di registrazione e rilevamento delle impronte digitali, anche attraverso l'apertura di hotspot gestiti congiuntamente dalle autorità italiane ed europee. Se uno dei problemi dell'accoglienza italiana riguarda la distribuzione sul territorio, il sistema tedesco e quello svedese prevedono la distribuzione degli immigrati su tutto il territorio nazionale.

In particolare in Svezia si sta attualmente discutendo sull'obbligatorietà dell'accoglienza da parte di tutti i comuni.

In Germania, invece, è stabilita la presenza di almeno un centro di accoglienza per ogni stato federato. Altre soluzioni sperimentate in Europa riguardano l'accesso al lavoro e alle informazioni di base o la riduzione dei tempi per l'esame delle richieste d'asilo. L'esempio svedese può essere considerato una buona pratica per quanto riguarda i tempi di permanenza nei centri di prima accoglienza. Entro 6 mesi viene data una risposta alla richiesta di asilo. Qualora la richiesta d'asilo venga invece accolta la Svezia prevede un programma di accompagnamento all'integrazione che dura in media 2 anni. Per quanto riguarda l'accesso al lavoro da parte dei richiedenti asilo, il sistema svedese può essere individuato come best practice europea. La possibilità di accedere al mercato del lavoro è infatti immediata. Tra le buone pratiche che possono essere individuate a livello europeo sotto l'aspetto dell'accesso alle informazioni possiamo segnalare il manuale sanitario, disponibile in 22 lingue, in uso in Francia e frutto di un lavoro congiunto del ministero della Salute e ONG locali.

Ed il servizio inglese che fornisce informazioni generali e di orientamento attraverso un centro di consulenza telefonico oppure di persona su appuntamento presso i centri di prima accoglienza. (ANSAmed)
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