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Migranti:Kapllani in Italia racconta 'sindrome da frontiera'

Scrittore parla dei vecchi muri Albania e dei nuovi in Europa

05 settembre, 17:05

Lo scrittore albanese Gazmend Kapllani Lo scrittore albanese Gazmend Kapllani

(di Luciana Borsatti)

ROMA - "Di solito la prima scelta del migrante, soprattutto di prima generazione, è quella del silenzio. Nel cuore del migrante albergano la paura, il sospetto la violenza della fuga, la violenza del primo impatto con il Paese ospitante, la sensazione di essere indesiderato, il risentimento, la nostalgia e nel contempo il rifiuto del Paese d'origine, la rabbia e i sensi di colpa". Gazmend Kapllani - per la prima volta in Italia per un incontro il 5 settembre a Roma, e il 7 e 8 al Festival della letteratura di Mantova - lo sa perché lo ha provato. Se ora vive tra Europa e Usa, dove insegna Letteratura e storia europea, nel 1991, a 24 anni, lasciò infatti clandestinamente il suo Paese, come fecero migliaia di albanesi mentre si sgretolava il regime comunista e isolazionista di Henver Hoxha e del suo successore Ramiz Alia. Non imbarcandosi con i 'boat people' di Durazzo per raggiungere l'Italia via mare, ma varcando a piedi, su strade di montagna, la frontiera con la Grecia. 'Breve diario di frontiera' si intitola appunto il suo libro (Del Vecchio Editore, pp. 200, 15 euro, traduzione di Maurizio De Rosa). Un racconto agile che va oltre il suo vissuto biografico per rappresentare con leggerezza e amara ironia condizioni di vita e di 'accoglienza' in Europa del tutto simili a quelle delle cronache dei nostri giorni, e soprattutto una condizione esistenziale universale: quella di chi lascia il proprio Paese per un futuro migliore.

Il suo libro ruota intorno alla "sindrome della frontiera" di cui si sente affetto - "coloro che non hanno mai provato la smania di varcarne una o che non se ne sono mai sentiti respinti faranno fatica a capire di cosa sto parlando" - e ai risvolti emotivi e psicologici della scelta di espatriare: una scelta che sarà "la causa dei suoi sensi di colpa e della sua libertà, dei processi di rifiuto e rimozione, della nostalgia e del ricordo, dell'oblio e della malinconia". Oltre al fatto che un migrante - le migliori risorse umane di un Paese, ritiene qualcuno - "è un narciso incorreggibile. Ritiene che il suo Paese d'origine non sia degno di lui", così come non lo sono la povertà, la sporcizia, la corruzione, l'assenza di prospettiva cui sarebbe condannato se rimanesse. Ma il suo 'Breve diario di frontiera' è anche il racconto di un'odissea tra valichi di confine più o meno presidiati dove passare è una scommessa con il destino, di villaggi e città dove si attende un'accoglienza civile e umana e invece si incontrano già negli sguardi pregiudizio e diffidenza, di centri temporanei di raccolta stipati di migranti ancora pieni di speranza ma del tutto ignari di quanto gli sta per accadere - perché una difficile frontiera è anche quella linguistica, che non perdona perché ti renderà sempre riconoscibile anche quando te la saprai cavare.

Insomma, la storia che racconta Kapllani (già manovale e lavapiatti in Grecia) è del tutto simile a quella di centinaia di migliaia di altri che continuano a tentare l'ingresso in Europa, e richiama alla responsabilità dei governi e dei cittadini a considerare con lungimiranza un fenomeno destinato a durare ben oltre l'illusoria emergenza in cui ancora lo si vorrebbe inquadrare. Oltre a rinfrescare la memoria su un pezzo della storia recente dell'Europa: la caduta del muro anche in Albania, le assurdità ideologiche di quel regime ed i suoi impietosi atti di repressione , l'illusoria visione del mondo-oltre-i-confini indotta dalla televisione - che l'autore argutamente ricostruisce facendo di episodi e personaggi quasi dei tragicomici, piccoli cammei. A parlare con Kapllani di migranti e sindromi della frontiera saranno il 5 settembre a Roma Dimitri Deliolanes e Gioacchino De Chirico (ore 19 libreria Fahrenheit451). Al festival di Mantova l'autore albanese incontrerà invece Alessandro Leogrande il 7 settembre e lo scrittore svedese Fredrik Sjoberg l'8. (ANSAmed).

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