La ricerca ha l'obiettivo di far luce sulla situazione dell'ingresso nel mercato del lavoro dei rifugiati presenti in Italia. I due accademici responsabili del documento hanno innanzitutto sottolineato le difficoltà nel trovare dati sulla presenza di rifugiati e richiedenti asilo nel mercato del lavoro. Nonostante questa mancanza, lo studio evidenzia che in Italia i rifugiati vivono un "basso livello di integrazione socio-economica". Alla ricerca di una spiegazione del fenomeno, gli esperti citano alcuni studi europei che "evidenziano differenze nel livello di impiego dei migranti in base alla loro 'classe di ammissione' (permesso per protezione internazionale, ricongiungimento familiare, permesso per lavoro, per studio, ecc), e studi qualitiativi riportano di particolari difficoltà per i rifugiati. Crediamo che queste categorie non siano solo artefatti amministrativi e modi per definire l'esperienza dei migranti nei loro Paesi di origine, ma indicano anche le loro 'traiettorie migratorie'", si legge nella ricerca. Gli accademici sottolineano quindi che "le difficoltà nel mercato del lavoro che sembrano caratterizzare recentemente i richiedenti asilo potrebbe essere considerate come conseguenze dei casi di difficoltà connesse con le reti sociali derivate da tali traiettorie migratorie".
Il documento sottolinea come le attuali ricerche non siano sufficienti a spiegare complessivamente queste difficoltà nel trovare lavoro, che possono essere legate anche a fenomeni quali la discriminazione e la "distanza culturale", ma questi due aspetti non sono sufficienti a dare una risposta alla problematica. "Crediamo che vada data maggiore attenzione alle 'traiettorie migratorie' delle persone che arrivano attraverso diversi canali, per le loro conseguenze nell'accesso al lavoro", spiegano i ricercatori nello studio. "Le politiche dovrebbero considerare le conseguenze di tali traiettorie, e non aggiungere ulteriori difficoltà". (ANSAmed).