Apparentemente una questione tecnica. In realtà è su questo sottile filo che Pristina si gioca il tutto per tutto, per contrastare la durissima opposizione che la Serbia sta portando avanti. Una volta giunta in assemblea, invece, serve una maggioranza qualificata. ''Su 195 voti, ne serviranno almeno 2/3''. Se non dovesse farcela, se ne riparlerebbe nel 2017. Da mesi, il governo di Pristina tesse relazioni diplomatiche, nel tentativo di raccogliere il maggior numero di consensi, ma l'appoggio delle cancellerie non è poi così scontato. Compreso quello di Roma. L'Italia potrebbe anche non pronunciarsi sull'inserimento della candidatura tra i punti all'ordine del giorno dell'agenda in Consiglio esecutivo, e non essere quindi obbligata a votare apertamente sulla questione. ''Non ho nessun motivo - replica Selimi - per pensare che Roma non voterà a nostro favore. Anzi, mi aspetto esattamente il contrario''. Si tratta, ammette, della battaglia più dura che abbiamo mai dovuto portare avanti. ''E' la prima volta in cui ci troviamo a chiedere di entrare in un'organizzazione in cui gli Stati Uniti non votano in assemblea. Non potranno esprimersi, visto che sono indietro con i pagamenti della loro quota di adesione''. In queste ore il viceministro degli Esteri kosovaro incontra mons. Antoine Camilleri, il sottosegretario della sezione della Segreteria di Stato che si occupa delle questioni estere, e i delegati del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e del Pontificio Consiglio per la Cultura. L'avallo da parte della Santa Sede della richiesta di partecipazione all'Organizzazione - malgrado il fatto il Paese non abbia ancora ottenuto il riconoscimento - avrebbe un peso enorme. ''Il modo migliore per proteggere il patrimonio cristiano in Kosovo è quello di farci diventare membri dell'Unesco'', ribatte Salimi.
''Il riconoscimento da parte della Santa Sede arriverà a tempo debito. Viviamo in un mondo in cui tutti hanno una gran fretta.
Noi per primi''. In Vaticano, prosegue, ''le lancette girano in maniera diversa. Non si tratta di un 'se', arriverà il riconoscimento ufficiale da parte del Vaticano, ma del quando''.
(ANSAmed).