Vi è la reale speranza che un nuovo governo abolisca i dazi doganali antiserbi imposti un anno fa e consenta la ripresa del dialogo con Belgrado, unica strada per arrivare a un accordo sulla normalizzazione dei rapporti e alla soluzione di un conflitto che continua a destabilizzare la regione.
"L'ora è arrivata", ha scandito a lungo ieri sera ai suoi sostenitori Albin Kurti, il 44enne leader di 'Autodeterminazione' (Vetevendosje), il movimento della sinistra nazionalista che ha vinto le elezioni con oltre il 25% dei consensi, seguito dalla Lega democratica del Kosovo (Ldk), una formazione moderata di centrodestra alla quale è andato oltre il 24%. Leader dell'Ldk è l'ex premier Isa Mustafa, che come candidata premier ha designato per la prima volta una donna, la 37enne Vjosa Osmani, giurista con un master negli Usa, poliglotta e con tanta voglia di lavorare per riformare il Paese. Presentandosi come il futuro capo del governo in pectore, Kurti - che ha un passato di contestazione studentesca contro l'uomo forte jugoslavo Slobodan Milosevic, e che negli ultimi anni è stato protagonista di proteste plateali come la lunga serie di interruzioni dei lavori parlamentari a Pristina con l'uso di gas lacrimogeni in aula per impedire il voto di ratifica di un accordo frontaliero con il Montenegro - è consapevole della responsabilità che ora gli tocca e promette l'apertura di una nuova fase di riforme e cambiamenti per il Kosovo. "Stiamo aprendo un nuovo capitolo per il nostro Paese", ha detto ai suoi sostenitori in festa. E stamane su Facebook ha sottolineato che da ieri sera il Kosovo ha una "speranza". "Un grazie a tutti voi che avete votato per il cambiamento, e in particolare per Autodeterminazione, salvando il nostro Paese da una ulteriore decadenza", ha detto il leader nazionalista.
Vjosa Osmani, che è docente all'Università di Pristina, si è mostrata disponibile a discutere di una possibile alleanza con Kurti per formare un nuovo governo del cambiamento e mandare all'opposizione le forze politiche che hanno causato lo stallo economico e sociale in cui si trova il Kosovo. A punire l'attuale dirigenza sono stati elettori, tanti i giovani, sempre più insoddisfatti per la crisi economica, la povertà diffusa, una disoccupazione che sfiora il 30%, corruzione e criminalità dilaganti, una situazione che ha indotto oltre 170 mila kosovari a lasciare il Paese negli ultimi cinque anni. La politica dura e intransigente della dirigenza di Pristina negli ultimi anni ha inoltre accentuato l'isolamento internazionale del Kosovo, i cui cittadini sono gli unici ad aver bisogno ancora del visto per viaggiare in Europa, e non ha prodotto risultati concreti nel negoziato con Belgrado.(ANSAmed).