A dirlo e' Abdul Aziz Saud Al-Babtain, intellettuale e mecenate kuwaitiano, fondatore dell'omonima Fondazione che in questi giorni, nella capitale del potente emirato petrolifero, ospita il festival della primavera della poesia araba.
E' nella lingua del sacro Corano che il mondo arabo puo' ancora ritenersi unito. ''In qualsiasi altro campo siamo divisi'', fa notare ad ANSAmed Al Babtain, che da anni, attraverso la sua Fondazione lavora in difesa dell'idioma classico e a favore del dialogo interculturale e interreligioso. La lingua dialettale, parlata nei singoli Paesi arabi, ''ci allontana. Ed e' per questo che nella poesia, come in qualsiasi altro genere letterario, il dialetto deve rimanere fuori'', sostiene. Eppure, anche all'interno dello stesso mondo intellettuale arabo sono in molti a sostenere che ci sia bisogno di una maggiore apertura alle singole forme dialettali, essendo l'arabo classico la lingua della ufficialita' e della religione, molto rigida e in realta' poco praticata. ''E' quello che ci tiene uniti'', torna a ribadire Al-Babtain, che prima di essere un intellettuale e' innanzitutto un uomo d'affari che ha scelto di mettere al servizio della cultura i propri mezzi economici. Il Kuwait come altri Paesi del Golfo iniziano a farsi strada nel panorama culturale dei Paesi arabi, anche grazie a nuove fondazioni, istituzioni e anche atenei stranieri che aprono branche come a Doha o a Kuwait City. Eppure a vincere il premio piu' importante del Festival della primavera della poesia araba e' un egiziano: lo scrittore e poeta Farouk Al Jweidah. Segno che malgrado la forte impasse che l'Egitto sta vivendo, il Paese continua a guidare incontrastato il panorama culturale nel mondo arabo? ''Il Cairo - replica Al-Babtain - e', e rimarra' sempre la capitale della cultura araba. E' in Egitto che si sono formati i grandi pensatori, eruditi e intellettuali. Ed e' nella capitale egiziana che la Fondazione, ha fissato il suo ''quartiere generale culturale'', sin dalla sua fondazione, nel 1989''. Con questo, prosegue, ''non voglio dire che non esistano grandi intellettuali anche in altri Paesi arabi, ma l'Egitto rimarra' il faro per tutti''. L'obiettivo della fondazione non e' soltanto quello di rafforzare e difendere la cultura del mondo arabo, ma anche quella di promuoverla verso l'esterno. ''Negli ultimi anni, abbiamo stretto importanti collaborazioni, con atenei e istituti europei e statunitensi. Tra questi, le Universita' di Cordoba e Granada, Malaga, Siviglia, Nizza, Sarajevo, Verona e Roma''. Lo scorso mese di novembre, infatti, la Fondazione ha scelto di supportare il nuovo Istituto Euro-Arabo per il Dialogo tra le culture, ospitato presso il Centro di eccellenza Altiero Spinelli dell'Universita' degli Studi Roma Tre. Un nuovo tassello verso il difficile cammino del dialogo. Per facilitare la reciproca comprensione, serve con urgenza un cambio di passo, dice Al-Babtain. ''Gli occidentali devono comprendere che non tutto il mondo arabo e' Al Qaeda, che certo esiste, ma rappresenta una percentuale parte infinitesimale del nostro mondo. Abbiamo valori diversi che vogliamo trasmettere e fare capire all'Occidente. Noi cerchiamo di farlo attraverso le nostre attivita''. E i Paesi arabi? ''A loro - ma anche all'Occidente - serve la capacita' di sapere perdonare gli errori del passato''. Ci vorra' tempo, conclude, ma sono convinto che i rapporti tra i nostri due mondi miglioreranno e che le distanze si accorcieranno''. (ANSAmed).