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Isis: nel Golfo si affaccia ipotesi di operazioni di terra

Ma per analisti solo ruolo 'regia'. Eau, impegno parlamenti Ipu

13 ottobre, 15:46

(Di Alessandra Antonelli) (ANSAmed) - DUBAI, 13 OTT - Lo scarso rendimento della campagna di raid aerei per arginare il potere e l'avanzata di Daesh, come nella regione e' chiamato l'Isis, spinge alcuni analisti del Golfo a parlare della possibilità che anche le petromonarchie possano partecipare ad operazioni su terra contro lo Stato Islamico. E' quanto emerge dalla stampa locale, dove si legge anche della proposta d'urgenza, avanzata sul fronte diplomatico dagli Emirati Arabi Uniti, di discutere della lotta anti terrorismo nell'ambito dell'Unione interparlamentare (Ipu).

Una delegazione degli Emirati si trova infatti a Ginevra - sede dell'Unione che raccoglie i Parlamenti di 166 Paesi - per discutere il ruolo delle assemblee legislative nella lotta contro il terrorismo e invocare la costituzione di un partenariato internazionale per sradicare gli estremismi e promuovere il dialogo interculturale. Ma sul fronte militare, gli stessi Emirati valuterebbeo la possibilità, insieme agli altri paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo, di partecipare ad operazioni via terra contro l'Isis.

Sebbene non ci siano esplicite dichiarazioni ufficiali in proposito, le speculazioni degli analisti politici locali ed internazionali si moltiplicano. Gli scarsi risultati dei raid aerei della coalzione internazionale aprono infatti alla necessità, secondo alcuni opinionisti, di intervenire con truppe sul terreno. Un intervento che al momento, tuttavia, sembra si voglia affidare solo agli eserciti della regione, pur con il supporto teorico e logistico internazionale.

L'attenzione e' puntata particolarmente sulla Turchia, dalla quale si attende da più parti un coinvolgimento maggiore: il si' di Ankara potrebbe spianare la strada alla partecipazione dei Paesi petroliferi del Golfo gia' attivamente coinvolti con la coalizione internazionale, ovvero Arabia Saudita, Emirati Arabi uniti, Qatar e Bahrein.

"Le forze turche sono gia' spiegate al confine con la Siria in prossimita' della strategica citta' di Kobani, ma Ankara e' riluttante ad usarle per arginare Daesh", sottolinea Mathieu Guidere professore di studi mediorientali all'Universita' di Toulose, citato dal quotidiano Kuwait Times.

La riluttanza della Turchia affonda le radici nella sua stessa storia interrelata con quella dei curdi: scendere a fianco della minoranza che ha combattuto per decenni all'interno del suo stesso territorio potrebbe significare rafforzarla maggiormente, e consolidare le aspettative di uno stato curdo che la Turchia invece non gradisce.

Dal canto loro le monarchie del petrolio, in caso di partecipazione alle operazioni di terra, non sarebbero direttamente coinvolte nei combattimenti, ma nella "sala di regia": prestando cioè assistenza, equipaggiamento e consulenza all'opposizione siriana, controllando il flusso di armi e collaborando con lo scambio di intelligence, ha detto Frederic Wehwey, del Carnagie Endowment for International Peace, rete internazionali di centri per gli studi geo-politici.

Sul freno dei paesi del Golfo, tuttavia, spingerebbero da una parte i dubbi sulle intenzioni di Washington in Medio Oriente sul medio-lungo termine, dall'altra, l'avversario regionale di sempre, l'Iran, che ha gia' esteso la sua influenza in Iraq e potrebbe raccogliere i frutti dello stato di instabilita' allargata che sta sconvolgendo l'intera regione. (ANSAmed).

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