Un essere mediterranei comune, ma che viene raccontato in modi molto diversi. "I cineasti dell'area mediterranea hanno una grande possibilità con la rete e con l'evoluzione tecnologica, anche in termini di distribuzione - dice la De Lillo - Dobbiamo approfittare dell'innovazione per rappresentare la nostra epoca.
Penso sia interessante, anche per come si è evoluta la primavera araba, con la sua comunicazione diffusa, la mia idea di un film fatto da tante persone. Per me ci dev'essere l'idea mediterranea di appartenenza: non uno di fronte all'altro. E' un'opportunità di condivisione. Registi italiani come Vincenzo Marra hanno mostrato questo atteggiamento in Tornando a casa, ovvero il rispecchiarsi: siamo uguali, uniti e condividiamo quelle cose.
E' una buona occasione per frequentarci".
Per Ivan Cotroneo "questo è un bell'incontro. Ci sono troppe poche occasioni come questa, e per me è particolarmente emozionante, perché una delle prime volte che faccio vedere il mio film all'estero. Avere possibilità di confrontarsi con altri cineasti del mediterraneo, confrontarsi con i loro problemi, i diversi modi di fare cinema, è un'occasione molto importante, non solo per la visione di film che non arrivano sui nostri schermi, ma anche per parlare con le persone. Io sono napoletano, una città intrinsecamente mediterranea: parliamo una lingua comune. Ho fatto lo sceneggiatore per le Mine vaganti di Ferzan Ozpetek, un regista totalmente immerso in una cultura che va oltre i confini. Abbiamo girato a Istanbul, luoghi dove una volta superato il folklore scopriamo cose che ci appartengono".
Cotroneo ricorda che ha lavorato con Luchetti per un film fortemente mediterraneo, Dillo con parole mie, ambientato in un'isola greca. E per Luchetti, "a noi di queste cinematografie arriva pochissimo. Non c'é distribuzione di film se non sono americani o francesi. Solo ai festival ci si rende conto delle comunanze, certe sensibilità si assomigliano, anche se le dinamiche narrative sono diverse. Anche il cinema italiano si vede poco all'estero, 3-4 film all'anno. E all'estero si pensa che quel poco che vede sia tutto il cinema italiano, o che sia tutto così. L'immaginario internazionale è colonizzato dagli americani. Col tempo, con internet spero si apra il mercato internazionale. I nostri film possono parlare all'estero: ho mostrato La nostra vita a immigrati in Francia, si riconoscevano nelle dinamiche del lavoro, nelle scorrettezze di fondo, in una realtà fuori dallo Stato".(ANSAmed). NS/ S0B QBXB