"Nel campo dove viviamo c'era pochissima acqua fino a qualche mese fa", racconta Marwa. "Ma non avevamo scelta, abbiamo bisogno di bere. A volte la raccoglievamo persino nei rigagnoli e cercavamo di depurarla come potevamo prima di berla. Molti bambini si ammalavano di diarrea. Anche mio fratellino ha avuto questo problema e in poco tempo aveva perso moltissimo peso. È rimasto in ospedale per molti giorni prima che i miei genitori lo riportassero a casa". Il lavoro di sensibilizzazione nelle scuole fa parte di un importante progetto che Intersos, grazie al supporto del MADAD Trust Fund che l'Unione Europea ha istituito in risposta alla crisi siriana, sta sviluppando in 23 zone del Libano, distribuite in tutto il paese, per assicurarsi che sia alla popolazione locale che ai rifugiati sia garantito l'accesso ai servizi primari, in particolare alle risorse idriche, alle infrastrutture igieniche e alla sanità.
A quasi 8 anni dall'inizio della crisi in Siria, le condizioni umanitarie dei profughi siriani in Libano sono sempre più difficili. Ufficialmente sono un milione ma si stima che in realtà siano oltre 1.5 milioni i siriani che sono arrivati nel paese a partire dai disordini di marzo del 2011, praticamente 1 ogni 4 abitanti. In un paese già in crisi a causa della disoccupazione e del deterioramento delle infrastrutture, l'arrivo di così tante persone ha avuto un impatto drammatico sull'accesso ai servizi, in particolare all'acqua, alla gestione delle acque reflue e alla sanità. "Di tutte le restrizioni e i sacrifici che abbiamo dovuto fare dal momento in cui siamo stati costretti ad abbandonare la nostra casa, la mancanza di acqua è stata quella che ha creato maggiori difficoltà nella vita quotidiana", dice Hassan, il papà di Marwa. "Abbiamo quasi rischiato di perdere nostro figlio. Ma almeno siamo salvi. se fossimo rimasti in Siria a quest'ora tutta la nostra famiglia non ci sarebbe più". (ANSAmed).