"Grazie all'unità di crisi, all'ottimo lavoro dei servizi e dell'ambasciata", ha twittato ieri il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, appena tre giorni dopo la liberazione dell'altro ostaggio italiano in Libia, Marco Vallisa. "Grazie, siete stati fantastici, siete degli uomini eccezionali", ha esclamato, sollevato, lo stesso Salviato ai rappresentanti della Farnesina mentre stava per lasciare Roma diretto alla sua casa di Trebaseleghe, nel padovano, con la moglie Maria Scarpa e la sorella Cristiana che ieri mattina erano volate nella capitale per accoglierlo. La mamma Gelsomina invece lo aspetta a casa.
"Ho fatto solo una richiesta, che quando arrivo ci sia il tricolore alla finestra perché sono italiano e debbo molto a questo Paese", ha aggiunto l'ex ostaggio, originario di Martellago (Venezia). E come accaduto per Vallisa, anche in questo caso fonti militari libiche parlano del pagamento di "un grosso riscatto da parte del governo italiano ai gruppi armati di Derna". Ma ovviamente non ci sono conferme. Nella città, a meno di 200 km da Tobruk, le milizie jihadiste di Ansar al Sharia e del Consiglio della gioventù islamica hanno di recente giurato fedeltà all'Isis dell'iracheno Abu Bakr al Baghdadi, e instaurato la sharia. Salviato era a Tobruk per seguire i lavori di realizzazione degli impianti fognari della città per conto dell'impresa Enrico Ravanelli di Venzone (Udine). Il suo è stato il primo sequestro di uno straniero nella città, tanto da mobilitare la comunità locale che aveva offerto una ricompensa a chi avesse aiutato a trovarlo.
La Cirenaica è da mesi in preda a scontri e bombardamenti tra le forze filogovernative e i miliziani jihadisti: almeno 356 persone sono morte nella sola Bengasi da quando, un mese fa, l'ex generale Khalifa Haftar ha lanciato l'offensiva contro le basi di Ansar al Sharia. Uno scenario che ha reso l'attesa per la liberazione dell'italiano ancora più angosciante. Ieri, la fine dell'incubo.(ANSAmed).