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Allarme dal Pentagono, l'Isis ormai operativo in Libia

Cresce flusso denaro e uomini. Caduta Ramadi per tempesta sabbia

19 maggio, 19:50

(di Ugo Caltagirone) (ANSAmed) - NEW YORK, 19 MAG - L'Isis punta sempre più sulla Libia, dove ormai ha una vera e propria "presenza operativa".

L'obiettivo è fare del Paese nordafricano un "hub" da dove poter più facilmente pianificare e sferrare attacchi in tutto il Nordafrica e anche in Europa. L'allarme arriva dal Pentagono, nelle stesse ore in cui all'Onu si discute sulla risoluzione che dovrebbe dare alla Ue il via libera alle operazioni per fermare l'emergenza immigrati nel Mediterraneo. Secondo le fonti militari statunitensi citate dal Wall Street Journal, non ci sono dubbi: negli ultimi mesi i leader dell'Isis dalla Siria hanno continuato a inviare in Libia - ed in misura sempre crescente - denaro, combattenti e istruttori militari, per rafforzare la presenza della loro organizazione nell'area.

Insomma, la conferma che la Lbia è la vera "nuova frontiera" dello stato islamico, che sta cercando in tutti i modi di espandersi e di "capitalizzare al massimo" il caos e il vuoto di potere creatisi nel Paese nordafricano, puntando al controllo delle tante fazioni estremiste che rendono il quadro geopolitico nella regione altamente frammentato.

E' un passo avanti non da poco - spiegano fonti dell'amministrazione Usa - visto che fino a poco tempo fa la presenza dell'Isis al di fuori di Siria ed Iraq era più che altro caratterizzata da gruppi di militanti che agivano in maniera autonoma. Gruppi che si ispirano all'ideologia del califfato senza però avere troppi legami diretti con l'organizzazione e i suoi leader. In Libia invece appare chiaro come la situazione sia ormai diversa. Negli ultimi mesi - spiegano al Pentagono - dalla Siria sono state inviate somme di denaro crescenti attraverso un sistema di trasferimenti basato su corrieri locali, col risultato di una iniezione di liquidità nelle casse dei gruppi estremistici libici non di poco conto. A guidare le operazioni sul terreno, anche quelle di addestramento dei militanti, uno stretto collaboratore di al Baghdadi, Wissam Abd Zaid al-Jubori, ex ufficiale delle forze speciali irachene spedito in Libia nel gennaio scorso. Il Pentagono non nasconde quindi la preoccupazione per tutto ciò. Anche perchè fermare l'Isis in Libia è molto più complicato. Per questo la strategia dell'amministrazione Obama per il momento non cambia: ci si continua a concentrare sulle roccaforti jihadiste in Siria e in Iraq, la via ritenuta migliore anche per tagliare i legami con la Libia o con altre aree come quella del Sinai. Ma dopo la caduta di Ramadi in Iraq tale strategia starebbe mostrando molti limiti: basta una tempesta di sabbia - come ha scritto il New York Times - per fermare gli aerei americani. I jihadisti hanno saputo sfruttarla a loro favore, avviando una rapida avanzata contro le forze di sicurezza irachene. E quando la nebbia è calata, per l'azione dei caccia Usa era ormai troppo tardi.

C'è inoltre da dire - come rileva sempre il Nyt - che le finanze del'Isis godono di ottima salute, nonostante i raid e il crollo dei prezzi del petrolio. La voce più corposa è costituita dalle entrate provenienti dalla tassazione imposta sui territori controllati dai militanti del califfo e dalle estorsioni: oltre un milione di dollari al giorno. Circa 500 milioni di dollari sono poi arrivati in tutto il 2014 dai valori rubati nelle banche di proprietà dello stato, mentre 100 milioni di dollari sono entrati nelle casse dell'Isis dal commercio del petrolio. A queste cifre vanno aggiunti anche i 20 milioni di dollari incassati con i riscatti degli ostaggi rapiti.(ANSAmed).

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