Il faro dell'Onu si è acceso su criminalizzazione delle ragazze madri e sul riconoscimento giuridico dei figli nati fuori dal matrimonio. Ma anche sulla possibilità di utilizzare test del Dna per attribuire la paternità o di cancellare dai documenti di identità tutti i segni che permettono di identificare un figlio nato fuori dal matrimonio, abrogando di conseguenza le leggi che creano un solco tra i diritti di chi nasce in seno a una famiglia e chi no. Altro punto fondamentale per l'Onu è fissare a 18 anni il limite minimo di età per i matrimoni, per evitare i casi di spose bambine. Rabat non ha preso provvedimenti in proposito e rigetta anche l'invito ad abolire le discriminazioni per la tutela dei fanciulli, in caso di divorzio.
L'eredità per il Marocco devo continuare a rimanere un affare tra uomini, che esclude perentoriamente le donne dall'asse di successione a meno che il parente maschio più prossimo non disponga diversamente. Leggi e pratiche discriminatorie restano intoccabili: impossibile discutere di violenza coniugale e neppure di convivenza. La poligamia, abolita da tempo in Tunisia, non viene messa in discussione e l'omosessualità un reato. A nulla è servito lo sforzo dell'attuale re che ha una sola moglie (il padre aveva invece un harem), Lalla Salma, la prima regina del Marocco di cui si conosce il volto e che non indossa il velo.
La Costituzione del 2011 fissa i principi di uguaglianza tra tutti i cittadini, ma prevede pur sempre "il quadro speciale" che fonda la nazione marocchina e cioè "la religione musulmana", "l'unità nazionale fondata sul multiculturalismo", "la monarchia costituzionale e la scelta democratica". Ecco perché il Marocco non accetta le raccomandazioni Onu, perché come spiega il governo nella sua risposta al Consiglio dei diritti Onu, "sono in contraddizione con i principi fondanti della nazione".
(ANSAmed).