Nata a Rabat da padre marocchino e madre franco-marocchina - una delle prime donne a laurearsi in Medicina in Marocco - a 17 anni, dopo la formazione al liceo francese, si trasferì a Parigi. Ospite in questi giorni all'Hay Festival di letteratura, in corso a Segovia, in un'intervista ad ANSAmed reclama l'importanza di uno stato laico. La sua battaglia, anche durante l'esperienza di redattrice de l'Express e Jeune Afrique, prima di dedicarsi a tempo pieno alla letteratura. "Io rivendico che si possa riconoscere la donna come essere umano, e che possano prevalere i principi universali, non solo 'culturali'", afferma.
Dice di avere "il Mediterraneo nelle vene". "Sono mediterranea al cento per cento. I paesi del Mare Nostrum, la loro gastronomia, la loro storia, tutto fa parte di me. Per questo - osserva - mi sento come a casa in Italia, in Spagna, in Grecia o a Tunisi". E riconosce di avere avuto "un'infanzia molto felice a Rabat, in una famiglia molto aperta, che ha sempre sostenuto noi figli nelle nostre scelte, spingendoci a fare dei nostri sogni realtà". Esplorando generi come il thriller, il racconto infantile, quello di terrore e il romanzo sociale, in 'Ninna Nanna' a partire da un crimine reale, l'autrice indaga su aspetti inquietanti della maternità: l'ambiguità dei rapporti con le persone alle quali affidiamo i nostri figli; il senso di colpa di Myriam, una madre e donna lavoratrice, frustrata perché è assente; mentre Louise, la babysitter, è angosciata perché vuole essere la tata perfetta. Perché, Slimani, ha affrontato questo difficile viaggio? "La letteratura greca già parlava del terrore di perdere un figlio, che esiste da sempre", rileva la scrittrice, che si professa universalista nei valori come nello stile letterario, chiaro e diretto. "Da tempo volevo scrivere una storia intorno a un personaggio come la babysitter, molto letterario. E' un'impiegata ma allo stesso tempo è considerata come un membro della famiglia. Avevo questa idea embrionale, ma non trovavo la struttura narrativa. L'aver letto di un infanticidio, accaduto a New York nel 2011, mi ha consentito di costruire intorno a quella tragedia una narrazione, che però è puro frutto dell'immaginazione". Nessuna concessione al lettore, indotto a domande scomode anche nel romanzo d'esordio di Slimani, 'Sans le jardin del ogre', dove la protagonista, Adele, è una donna che declina la sessuomania al femminile. Il sesso è un tema sensibile in Marocco: avrebbe potuto essere Adele una donna musulmana? "Sì certo che avrebbe potuto esserlo - replica Laila Slimani - Ma avevo molta voglia di ambientare quella novella a Parigi e utilizzare i quartieri di Pigalle e Montmartre come scenari. Ma prima o poi ambienterò una narrazione in Marocco, sicuro!", promette. Il filo conduttore che torna nei due libri è l'incomunicabilità, l'isolamento contemporaneo, che caratterizza sia Adele che Louise, anche se in situazioni diverse. "La solitudine è propria della nostra condizione e concerne tutti gli esseri umani, indipendentemente dalle epoche e dai territori. Siamo tutti condannati alla solitudine, alla difficoltà di dire ciò che siamo", rileva l'autrice, che è madre di un bambino ed è in attesa del secondo. 'Immagina il mondo' è il tema conduttore dell'Hay Festival: come immagina il futuro Leila Slimani? "Ho fiducia in loro, nei miei figli. Spero che possano migliorare il mondo e lottare ed essere migliori di me", conclude. (ANSAmed)