RABAT - "Scusate, siamo costretti a chiudere". Nel bel mezzo di una cena tra amici, mentre la sala del Grand Café de la Poste di Marrakech si riempie dei pochi clienti di una serata a misura di Coronavirus, la polizia fa irruzione. Gli agenti in borghese sono quattro e contestano "la diffusione di musica, che incita al ballo". Nello storico locale della città ocra, vera istituzione dagli anni '20 del Novecento, gli sguardi rimbalzano tra i tavoli. Qui si viene anche per ascoltare del buon jazz.
Proprio quando il Marocco annuncia un alleggerimento delle misure anti Covid-19 per far entrare una manciata di turisti, la città più moderna e turistica del Paese fa un balzo indietro. Il Grand Café de la Poste, fino a qualche anno fa ritrovo abituale di Pierre Berge e Yves Saint Laurent, tra i tanti, a soli due giorni dalla riapertura dopo il lockdown dovrà sbarrare di nuovo i saloni coloniali firmati da Bill Willis. Giovedì primo ottobre, quando aveva riaperto al pubblico, seguendo il programma di rilancio turistico dettato dai grandi stabilimenti come la Mamounia o il Royal Mansour, una brigata di gendarmi costituita da agenti delle diverse polizie, da quella turistica a quella annonaria, aveva già fatto irruzione. "Servite alcool anche ai musulmani", era stata la contestazione, notando i numerosi marocchini tra i tavoli.
Il divieto esiste, ma una sorta di convenzione non scritta ha consentito fin qui di aggirare la legge. Nei giorni scorsi, sono stati presi di mira anche locali e ristoranti meno famosi, frequentati dai residenti. Tra i mille cavilli che regolano la distribuzione dell'alcol in un paese musulmano è stata fatta valere anche la legge che prevede che le donne, impiegate in locali dove si vendono bevande alcoliche, debbano avere 'un permesso scritto del marito o del padre' per poter firmare il contratto di lavoro. La legge risale al 1967 e nonostante le numerose migliorie in fatto di uguaglianza di genere, non è mai stata abrogata. Le più giovani si rifiutano di prenderla in considerazione e spesso restituiscono in bianco il dossier.
Così, tra i tanti, hanno chiuso i battenti ristoranti segnalati dalle guide turistiche internazionali quali 'Lo Studio', il 'Kabana', il 'Kechmarra'.
Dei 300 tavoli del Grand Café de la Poste di Marrakech, solo una trentina erano occupati venerdì sera, di solito le prenotazioni distribuiscono i clienti su tre turni. C'era solo una manciata di residenti di ogni nazionalità desiderosa di ritrovare la normalità. Distanziamento rispettato e mascherine sul volto, avevano fatto le ordinazioni al ristorante, perché tra l'altro è vietato bere un bicchiere soltanto, bisogna accompagnarlo con un piatto, secondo le antiche regole tornate d'attualità per il Covid-19. Ma prima delle pietanze sono arrivati i poliziotti. Gli agenti riprendevano i presenti coi telefonini, i clienti, sotto choc non hanno fatto neanche in tempo a scattare una foto. "Sono desolato", ripete come un mantra il direttore di sala, gli agenti non rilasciano dichiarazioni.