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Cous cous Maghreb e antica tecnica pesca patrimonio Unesco

Tecnica di pesca detta Charfia ancora praticata in Tunisia

17 dicembre, 11:51

(ANSAmed) - TUNISI, 17 DIC - Il cous cous, piatto popolare simbolo dell'intero Nord Africa, ma anche l'antichissima tecnica di pesca detta Charfia, ancora praticata in un'isola della Tunisia, sono stati iscritti nella lista del patrimonio culturale immateriale dell'Unesco.

Il cous cous è stato presentato all'agenzia Onu su domanda congiunta di Algeria, Marocco, Mauritania e Tunisia, ha annunciato l'Unesco sul suo sito web. Fatto piuttosto raro nella storia dei Paesi del Maghreb, Algeria, Marocco, Mauritania e Tunisia hanno presentato insieme la candidatura intitolata "Conoscenze, know-how e pratiche relative alla produzione e al consumo di cous cous", senza dispute sulla la paternità di questo piatto tradizionale a base di semola o di grano duro, accompagnata da verdure, carne o pesce sapientemente speziati.

In questi quattro Paesi "donne e uomini, giovani e anziani, sedentari e nomadi, del mondo rurale o urbano, nonché dell'emigrazione, infatti si identificano" con questo piatto simbolo del "vivere insieme", afferma il file di candidatura all'Unesco. Gustato dalle sabbie del Sahel e del Sahara fino alle coste dell'Atlantico e del Mediterraneo, l'origine del cous cous si perde nella notte dei tempi, e la sua "dimensione universale" è "notevole". Come è stato sottolineato al momento della presentazione della domanda, nel marzo 2019, è la prima volta che quattro Paesi del Maghreb uniscono le forze su un tema comune. L'iniziativa ha fatto sperare che il piatto possa essere l'inizio di un riavvicinamento politico.

Quanto all'eccezionale tecnica di pesca alla Charfia, praticata sull'isola di Kerkennah in Tunisia, il dossier per ottenere il riconoscimento è stato presentato all'Unesco su iniziativa dell'Istituto Nazionale del Patrimonio tunisino (Inp) e della Delegazione permanente della Tunisia, si legge su Webport, porto digitale del Mediterraneo, ideato e curato dal Ciheam Bari nell'ambito del progetto Nemo, avviato nel 2014 con il sostegno dell'Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e in collaborazione con i Ministeri di Agricoltura e Pesca di Libano, Egitto, Tunisia, Algeria, Marocco.

La Charfia è un'antichissima tecnica di pesca, il cui uso risale addirittura all'era fenicia. Il nome, apparso nei documenti ufficiali solo intorno al XXVII secolo, ed esattamente nel 1670, deriva dal termine arabo charaf (nobiltà) ed è legato al nome della famiglia Charfi (i fratelli Ahmed e Ali Charfi), proveniente da Sfax, che deteneva il monopolio per lo sfruttamento del demanio marittimo. Nel 1772, il Bey di Tunisi, Ali Pasha Bin Hussein Bin Ali tolse tale diritto alla famiglia Charfi, per assegnarlo ai soli abitanti di Kerkennah. La charfia è un labirinto realizzato piantando nel fondale un gran numero di foglie di palma che creano dei corridoi attraverso i quali, grazie alle correnti, i pesci arrivano nelle camere di cattura.

Qui, i pesci trovano le nasse deposte dai pescatori in cui rimangono definitivamente intrappolati. Le conoscenze relative a questa singolare tecnica di pesca vengono trasmesse di padre in figlio. (ANSAmed).

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