A incoraggiare Belgrado e Podgorica, i 'frontrunner' in questa corsa verso l'Unione, è proprio il documento pubblicato da Bruxelles, che indica come "possibile" il loro ingresso nel 2025, a patto che si impegnino "nella realizzazione di riforme reali e nella soluzione definitiva alle dispute con i Paesi vicini". Le porte per Serbia, Montenegro, Albania, Macedonia, Bosnia Erzegovina e Kosovo sono aperte, dunque, ma con cautela. In cima ai nodi da sciogliere, c'è infatti la normalizzazione delle relazioni tra Serbia e Kosovo, con i due governi impegnati in un difficile dialogo mediato dall'Ue. Perché, ha avvertito il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker rivolgendosi in particolare a Belgrado, nessuno potrà entrare nella famiglia europea "fino a quando non avrà risolto tutte le controversie interne". Il 2025, infatti, ha messo in chiaro, è "una data indicativa". Mogherini punta invece a un lieto fine tra Pristina e Belgrado nel 2019, ma "l'Ue - ha avvertito il commissario Ue per l'allargamento Johannes Hahn - non accetterà un nuovo Stato membro che non abbia risolto i propri conflitti bilaterali e ciò non è solo nell'interesse della Serbia, ma anche del Kosovo".
Crocevia delle influenze di Russia e Cina, la regione balcanica sta particolarmente a cuore anche all'Italia, tra i partner economici più influenti. "Pochi Paesi come l'Italia sanno che la prospettiva europea dei Balcani è nell'interesse dell'Ue" stessa, ha evidenziato Mogherini. Nella strategia, Bruxelles prevede, tra il 2018 e il 2020, sei misure concrete - proposte anche dall'Italia - per sostenere la regione in settori che vanno dallo stato di diritto all'energia, dalla sicurezza all'agenda digitale, dalla lotta alla criminalità organizzata alle infrastrutture. A questo corrisponderà un aumento graduale dei finanziamenti pre-adesione erogati dall'Ue fino al 2020. E nel 2018 arriveranno alla regione già 1,07 miliardi di euro.(ANSAmed).