Secondo un'inchiesta del New York Times, e con l'esclusione degli Stati Uniti e il Regno Unito però, che hanno sempre rifiutato tale approccio, tutte le principali cancellerie del Vecchio Continente, ma anche il Canada e alcuni Paesi del Golfo, non avrebbero esitato a pagare, nonostante ufficialmente lo neghino. Solo lo scorso anno sarebbero stati pagati ben 66 milioni di dollari.
"I riscatti sono oramai la principale entrata nel bilancio dei gruppi legati ad al Qaida in Yemen e in Nord Africa, e una fondamentale risorsa per sostenere i gruppi jihadisti in Siria ed in Iraq", ha di recente denunciato il sottosegretario al Tesoro americano con delega al terrorismo, David Cohen.
Secondo il NYT, che ha realizzato decine di interviste ad ex ostaggi, ex mediatori ed ex 007, se nel 2003 l'ammontare di un riscatto era in media di 200 mila dollari ad ostaggio, oggi si è giunti a 5 milioni di dollari in media per liberare una persona rapita in Nord Africa, con punte fino a 10 milioni di dollari.
Un affare anche per i gruppi criminali a cui i vertici jihadisti appaltano i rapimenti e per i mediatori, cui va una commissione.
E dal Mali allo Yemen, dalla Siria all'Iraq, passando per la Somalia, tutti i gruppi dell'estremismo islamico seguono ormai un protocollo comune coordinando i loro sforzi.
Degli almeno 125 milioni di dollari pagati in sei anni, 91,5 milioni sono andati ai gruppi di al Qaida del Maghreb, 5,1 milioni a quelli del Shabab, e 29,9 milioni a quelli della Penisola Arabica. Tra i Paesi 'pagatori' in testa c'è la Francia con 58,1 milioni, seguita da Qatar e Oman (20,4 milioni), Svizzera (12,4milioni), Spagna (11 milioni) e Austria (3,2 milioni). (ANSAmed).