Su un piazzale a Rafah sono arrivati bulldozer, escavatrici e pompe idrauliche che dovranno distruggere i tunnel che collegano la località egiziana alla Striscia e attraverso i quali passano merci e beni di consumo di tutti i generi per aggirare il blocco imposto da Israele dopo la vittoria di Hamas nel 2007.
Il raid di due giorni sta facendo pagare prezzi alti in termini di popolarità anche al presidente egiziano Mohamed Morsi, che non si è fatto vedere ai funerali militari delle sedici vittime dell'attentato. L'operazione a Rafah, ha detto una fonte della sicurezza all'ANSA, dovrebbe cominciare fra un paio di giorni, il tempo per fare arrivare in zona i rinforzi per garantire la protezione degli uomini e dei mezzi impegnati nell'operazione. E anche, forse, per dare il tempo ad Hamas di dare qualche segnale concreto sulla sua intenzione e capacità di garantire la sicurezza nella zona.
Si prevede, infatti, che l'operazione possa non filare liscia visto che sul contrabbando attraverso i tunnel vivono migliaia di persone. Certe famiglie della zona come i Barahema, i Zaarab, e gli Abu Rubaa hanno minacciato di usare la forza per bloccare la minacciata demolizione. Fonti della sicurezza fanno notare che questi clan possiedono armi pesanti, obici e mortai.
Ma uno dei capi tribù del Sinai del Nord, Aref Abu Ekr, ritiene, invece, che sia ormai arrivato il momento di chiudere definitivamente i tunnel per porre fine "all'infiltrazione di terroristi". Mentre un altro capo, Sulayman el Beira, della tribù El Massoura di Rafah, ha sottolineato la necessità di aprire un vero proprio terminal commerciale al valico che porta a Gaza come alternativa alla chiusura dei tunnel.
Creati nel 2006, ne erano stati scavati oltre 1600 fino al 2008-2009 ma poi si sono ridotti a circa seicento. Attraverso questi passaggi passa di tutto, beni di prima necessità, viveri, benzina e gasolio col quale arginare la penuria di carburante e i continui black out elettrici a Gaza. Ma l'accusa sempre più insistente é che i tunnel servano soprattutto per fare passare armi e miliziani da e per la Striscia.
L'Egitto, preso fra dolore e voglia di vendetta, ha assistito ai funerali delle guardie di frontiera uccise nel raid. Le televisioni di Stato hanno trasmesso la cerimonia in diretta con lo schermo listato a lutto. Migliaia di persone si sono accalcate sotto un sole cocente per seguire le bare fino al monumento del milite ignoto. Ma al corteo funebre non si è visto Morsi né il primo ministro Hisham Kandil. Al secondo sono state lanciate scarpe prima della cerimonia religiosa in una moschea, mentre slogan venivano scanditi contro il presidente. Il suo ufficio ha fatto sapere che Morsi è andato in visita ai feriti del commando. Poco dopo il portavoce, che ha riconfermato l'impegno dell'Egitto a rispettare i trattati internazionali, ha detto che Morsi ha preferito non andare ai funerali per non disturbarli col trambusto che avrebbe creato la sua sicurezza. Ma questa è un'assenza che rischia di costargli parecchio, in termini di prestigio politico. (ANSAmed).