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Israele: a Netiv HaAsara 3 secondi per salvarsi la vita

Questo tempo per ripararsi da bombe da Gaza in villaggio confine

30 marzo, 16:00

(di Fabio Govoni) (ANSAMed) - NETIV HAASARA (ISRAELE), 30 MAR - Tre secondi. La differenza fra la vita e la morte nel piccolo villaggio israeliano di Netiv HaAsara, a ridosso della Striscia di Gaza, è appesa a tre secondi. E' il tempo tecnico che un abitante del villaggio ha a disposizione per infilarsi in un riparo antibomba fra quando suona l'allarme e l'impatto di un razzo Qassam o Grad lanciato dai miliziani di Hamas, che in linea d'aria si trovano a poche centinaia di metri di distanza.

E infatti i ripari, piccoli bunker in calcestruzzo armato con una porticina, sorgono un po' ovunque: alla fermata dove i bambini aspettano l'autobus per andare a scuola ad Ashqelon, nel parco giochi a pochi metri da altalene e scivoli, in ognuna delle case dove da 33 anni vivono i circa 800 abitanti. E quando Israele è in guerra con Gaza, i bambini la notte dormono tutti insieme in un bunker. Malgrado ciò, dal 2001 due persone sono morte sotto le bombe.

Netiv HaAsara è un 'moshav', villaggio agricolo cooperativo, secondo lo spirito del primo sionismo di ispirazione socialista che animò lo Yishuv, l'insediamento in Palestina di ebrei che precedette il ritorno dopo la guerra e la costituzione dello Stato d'Israele. A differenza di un kibbutz, dove la terra è collettivizzata, un moshav divide la terra in parti uguali, anche se la proprietà è individuale. La produzione e i mezzi di produzione sono invece collettivi. A Netiv HaAsara si producono piante ornamentali e da giardino e sementi per l'agricoltura, soprattutto ortaggi. Il tutto in serra, perché il terreno arido e sabbioso del Neghev non consente la coltivazione di campi.

L'insediamento in origine si trovava nel Sinai, vicino al confine sud di Gaza. Poi, nel 1982, quando la penisola fu restituita all'Egitto tre anni dopo la pace di Camp David, fu sgomberato e ricostruito sul confine nord della Striscia.

"Quando ci ricollocarono chiedemmo solo di abitare in terra d'Israele", non disputabile, spiega Hila, portavoce del villaggio, madre di cinque figli, che all'epoca aveva 5 anni.

"Qui, il 70% dei circa 800 abitanti ha votato per i laburisti di Isaak Herzog, dice Hila. "Io ho votato per Meretz", la sinistra.

A pochi chilometri ci sono il valico di Erez e Ashqelon, la cittadina che ha la fama di essere il principale bersaglio dei razzi di Hamas. "In realtà - spiega Hila - il record di attacchi missilistici e di bombe di mortaio ce l'abbiamo noi, che abbiamo anche il primato di vicinanza al nemico in tutto Israele". Da quando Israele uscì dalla Striscia, "noi siamo in trincea", il nemico è a alle porte. "Noi non siamo protetti da Iron Dome", spiega Hila, perché troppo vicini. E dalla cima della collinetta al centro del villaggio si vedono a neanche mezzo chilometro di distanza, sulla collinetta antistante, le palazzine del villaggio palestinese di Beit Lahiya. In mezzo, una barriera di filo spinato e un muro alto 5-6 metri. "Quello serve a impedire che i cecchini palestinesi ci prendano di mira", dice a sua volta Ziv, l'addetto alla sicurezza di Netiv HaAsara, mitra Armalite a tracolla, che abita nel villaggio ma risponde all'Idf, l'esercito di Israele, e mostra ai cronisti alcune code di bombe di mortaio. "E se nel caso dei missili hai a disposizione 3 secondi, contro queste non si può fare nulla". E Netiv HaAsara detiene un terzo record: durante la guerra della scorsa estate, l'operazione Protective Edge, uno degli oltre 30 tunnel scavati da Hamas fu scoperto a soli 300 metri dal centro del villaggio: era il più profondo mai scavato, 25 metri sottoterra, e si calcola che sia costato 3 milioni di dollari.

"Due anni fa - racconta Hila - un Qassam cadde in settembre, nel primo giorno di scuola, e sul razzo c'era scritto in ebraico 'Auguri per l'inizio della scuola'. Così si uccide la pace, così il nemico cerca di ucciderci. Ma più che ucciderci fisicamente, cerca di uccidere la nostra anima, di fiaccare la nostra resistenza, il nostro spirito", dice, con la voce rotta dall' emozione. "I miei figli sono in guerra ogni giorno. E quando mio figlio piange per la paura sotto le bombe, io gli dico: 'Pensa che dall'altra parte c'è un bambino palestinese che forse ha ancora più paura di te'. Io cerco di non perdere il mio ideale.

devo mantenere la mia 'ingenuità', il mio ottimismo". Del resto, "non abbiamo un'altra terra dove andare". "Ebrei e palestinesi sono le vittime dello stesso terrore: Hamas".

E sulla parte esterna del muro anti-cecchino che dal confine dista soli 50 metri una artista locale ha costruito una grande scritta in mattonelle colorate di maiolica con una colomba e la scritta in tre lingue: "Peace, Salaam, Shalom". (ANSAMed).

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