Il palestinese e l'israeliano - a conferma del gelo ormai calato nei rapporti dopo il fallito tentativo di mediazione del segretario di Stato Usa John Kerry - si alternano sul palco, non dibattono, non siedono uno di fronte all'altro. Shalom, nel suo turno, chiarisce che Erekat e il presidente dell'ANP, Abu Mazen, sono due "ottime persone", ma - si chiede - chi assicura Israele che i loro successori rispetteranno eventuali accordi di pace? O non avverrà la stessa cosa che avvenne dopo il ritiro dei coloni israeliani da Gaza, quando la Striscia si sarebbe dovuta "trasformare in una specie di Principato di Monaco", ed invece "fu conquistata con un colpo di Stato da Hamas" e diventò la base di lancio dei missili contro Israele. Shalom ritiene che Hamas, "una componente - sottolinea - della politica palestinese, non sia differente dall'Isis, da Al Qaida, dalla Jihad islamica e da Hezbollah", tutte "formazioni terroristiche che circondano Israele e il cui obiettivo è la distruzione dello Stato ebraico". "Se raggiungiamo un accordo di pace con i palestinesi - spiega Shalom - vogliamo che duri per sempre". "Ma come può durare - domanda ancora - se l'ANP stessa continua a pagare gli stipendi ai terroristi della Prima e della Seconda Intifada che si trovano nelle carceri di Israele e se i bambini palestinesi - aggiunge citando una recente inchiesta della tv palestinese - sognano di diventare ingegneri per inventare qualcosa che distrugga gli ebrei?" Il ministro comunque ribadisce la disponibilità di Israele a collaborare con i palestinesi e propone di creare una commissione incaricata di ricostruire un clima di fiducia tra i due popoli in vista di una possibile ripresa dei negoziati di pace. Il palestinese Erekat è preoccupato dai tempi. "Non si può più parlare di ciò che è 'possibile'. ma di ciò che è 'necessario'.
Ed è necessario un accordo per due Stati sulla base dei confini del 1967". Altrimenti, "il sangue sta arrivando" e "rischiamo tutti di finire nell'oscurità". (ANSAmed).