(di Massimo Lomonaco)
TEL AVIV - L'ambasciata Usa si trasferirà a Gerusalemme "entro un anno, da oggi". L'annuncio del premier israeliano arriva dall'India, dove Benyamin Netanyahu si trova in missione. Ma passano poche ore e da Washington risponde il presidente Usa Donald Trump, con una secca smentita. "Un trasferimento entro l'anno? Veramente - ha detto in una intervista alla Reuters - stiamo parlando di scenari differenti.
Non pensiamo a questo, no". Parole che lasciano poco spazio all'interpretazione e alla convinzione di Netanyahu che lo spostamento dell'ambasciata voluto da Trump (insieme al riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele) avverrà "molto più velocemente di quanto la gente pensi", come aveva assicurato dall'India. Le parole di Netanyahu erano state pronunciate ieri, in una situazione politica di tensione ancora molto alta, visto che gli Usa avevano reso nota la decisione di tagliare in maniera decisa (65 su 125 milioni di dollari) i fondi destinati all'Unrwa, l'agenzia Onu per i profughi palestinesi in funzione da 70 anni. Una mossa - esaltata da Netanyahu - che ha provocato invece l'immediata reazione palestinese. L'Olp ha attaccato bollando l'amministrazione Usa di "complicità con l'occupazione israeliana". Benzina sul fuoco che - ha detto Hanan Ashrawi dell'organizzazione - creerà "condizioni" tali da portare "maggiore instabilità nella regione". E che indica - ha insistito Ashrawi - che "non c'è senso di colpa nel colpire degli innocenti". La rottura di ogni rapporto tra palestinesi e Usa dopo l'annuncio di Trump su Gerusalemme resta dunque la cifra politica attuale. Tanto da spingere il presidente palestinese Abu Mazen - che già l'altra sera ha certificato la "fine degli Accordi di Oslo", architrave istituzionale degli ultimi 30 anni in Medio Oriente - a tornare oggi su Gerusalemme definendo la scelta di Trump "una decisione peccaminosa". Ma ha aggiunto di più: "Gerusalemme - ha detto in una conferenza all'Università Al Azhar del Cairo incentrata proprio sulla situazione della città - è la porta della pace e della guerra: Trump deve scegliere". "Il complotto contro Gerusalemme - ha denunciato, riecheggiando il discorso pronunciato a Ramallah - è di natura colonialista e americana e contraddice il diritto internazionale e sfida la volontà della Comunità internazionale". Poi, dopo aver riaffermato che Gerusalemme "è una città araba, islamica e cristiana", ha spiegato che i palestinesi non praticheranno "la violenza e il terrorismo" ma continueranno "a perseguire le loro rivendicazioni con mezzi pacifici fino a recuperare i loro diritti". La nuova mossa Usa di ridurre i fondi all'Unrwa - condannata anche da Hamas da Gaza - rischia ora di peggiorare la situazione sul terreno: non a caso i vertici dell'agenzia Onu hanno ammonito sulle conseguenze del taglio. "In gioco - ha detto il commissario generale Pierre Krahenbuhl - è l'accesso per 525.000 ragazzi e ragazze alle 700 scuole dell'Unrwa, e il loro futuro.
In gioco è la dignità e la sicurezza di milioni di profughi palestinesi che hanno bisogno di assistenza alimentare e altri generi di sostegno in Giordania, Libano, Siria, Cisgiordania e Striscia di Gaza". In questo quadro si appresta ad arrivare nella regione tra pochi giorni il vicepresidente Usa Mike Pence: un viaggio lampo in Egitto, Giordania e Israele, ma senza alcun contatto con i palestinesi.