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A Gaza stabilimento dei tessitori della 'pace economica'

Industriale palestinese con israeliani per creare posti lavoro

03 aprile, 13:13

(di Sami al-Ajrami) (ANSAmed) - GAZA, 3 APR - Al di la' dell'aperta ostilita' fra i leader politici dei rispettivi popoli, tre uomini d'affari - due israeliani ed un palestinese - stanno lavorando per gettare le basi di un progetto locale di ''pace economica'' che gia' nella sua prima fase potrebbe dare un contributo concreto creando migliaia di posti di lavoro nell'impoverita striscia di Gaza. I loro orizzonti sono vasti, e spaziano fra Spagna, Stati Uniti e Norvegia.

La zona in cui l'industriale palestinese Nabil al-Bauab sta ricamando questi sogni e' piu' che deprimente. Il suo stabilimento tessile - peraltro moderno e confortevole - e' molto vicino al quartiere di Sajaya, a est di Gaza, che nel 2014 fu teatro di aspri combattimenti fra Hamas e l'esercito israeliano ed e' tuttora disastrato. Eppure dall'altra parte del confine ha trovato due industriali israeliani - Shlomi Fogel e Jacko Gabbai - che come lui tentano di rafforzare la cooperazione economica israelo-palestinese. Al-Bauab - secondo il giornale economico israeliano Mammon - sta cercando di raggiungere accordi in Spagna con la societa' di moda Zara, mentre Fogel (da tempo fautore della 'pace economica') ha avviato contatti in Usa con i produttori dei blue jeans Jordache, nonche' con le autorita' della Norvegia. L'obiettivo e' di tagliare le stoffe in Israele, in un moderno stabilimento presso Tel Aviv, e di terminare la confezione a Gaza (ad 85 chilometri di distanza). I costi - secondo Mammon - sono concorrenziali rispetto a prodotti simili cinesi e turchi.

In un'intervista con l'ANSA al-Bauab ha descritto come gli sviluppi politici della Regione abbiano influenzato le attivita' della sua azienda. Nel suo ufficio una foto lo mostra accanto a Yasser Arafat: a quell'epoca, ricorda, disponeva di 2.000 dipendenti ed era uno dei fornitori dello staff del leader dell' Olp. Per primo riusci' ad esportare da Gaza a New York, grazie ad un mediatore israeliano. Poi vennero pero' la crisi fra Hamas ed Israele ed il blocco della Striscia. Per sopravvivere i suoi stabilimenti migrarono cosi' in Egitto. Ma nel 2017 la nostalgia ha prevalso ed al-Bauab e' tornato a casa. Ora gestisce uno stabilimento con 400 dipendenti nella zona industriale di Karni, a ridosso della linea di demarcazione con Israele. Per chi viene dai rioni fatiscenti di Gaza City, Karni appare come un miraggio. Per accedervi occorre superare un posto di blocco di sicurezza. Si entra cosi' in una zona moderna e funzionale, che ospita fra l'altro gli stabilimenti della Coca Cola ed i magazzini dell' Unrwa, la agenzia dell'Onu per i profughi palestinesi. ''Si ha la sensazione di essere all'estero'' affermano i manovali.

''Stiamo lavorando duro - ha detto al-Bauab - per ricevere ordinazioni significative dall'estero. Offriamo in cambio costi competitivi assieme con una qualita' gia' dimostrata da tempo''.

Se i progetti si concretizzassero, in breve tempo potrebbe contribuire ad alleviare le condizioni di miseria della Striscia dando lavoro a 5.000 dipendenti, e ad altri 2.000 che lavorerebbero dalle loro abitazioni. Il giornale Mammon ha gia' anticipato a tutta pagina: ''Si tenta di ricucire un nuovo Medio Oriente''. (ANSAmed).

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