"Grazie alla lontananza dalla mia terra di origine ho maturato una prospettiva, che è veramente molto importante", ha detto ad ANSAmed. "La distanza, infatti, mi ha permesso di sviluppare un punto di vista logico che soltanto dopo diventa nuovamente emotivo, mentre se si rimane immersi in una realtà non si ha la possibilità di guardarla davvero perché si è troppo coinvolti emotivamente e non si riesce a parlarne con lucidità". Il cineasta ha espresso la propria ammirazione per il cinema, l'arte e la cultura italiana: "Fellini, Antonioni, Bertolucci, Rossellini insegnano un approccio che è una vera e propria guida. L'identificazione con il cinema italiano è facile perché ha una grande ricchezza. Io penso che dal punto di vista culturale e artistico l'Italia sia il paese più straordinario del mondo". Riklis ha quindi ricordato il suo film del 1991, 'Finale di Coppa', in cui un israeliano e un palestinese durante la guerra in Libano sono accomunati dal tifo per la squadra italiana ai Mondiali di Calcio del 1982. La caratteristica della produzione cinematografica di Riklis è quella di trovare i punti di contatto nella diversità, ciò che unisce in una verità da lui definita sempre "complessa". "Non sono un insegnante, un religioso o un politico, ma posso guardare quanto accade, documentandomi prima e completando poi il lavoro con la libertà artistica. Un mio film non è un documentario ma un'opera che, entrando in contatto con altri esseri umani, deve dare un'emozione al pubblico che guarda la realtà con i miei occhi: essere un regista è un privilegio, ma anche una grande responsabilità". Per questo, più che militante in senso tradizionale, il regista israeliano definisce il suo cinema "umanistico, definizione forse troppo semplice ma che rimanda alla ricerca della verità". Per scandagliare quest'ultima servono "onestà, rispetto e amore", per Riklis i tre insegnamenti da rispettare "e spesso dimenticati in Medio Oriente". "Quando si parla di identità, basti pensare a due città mediterranee come Roma e Gerusalemme. Entrambe con una storia millenaria, ma a Gerusalemme si associa sempre la guerra e il sangue, mentre Roma per molti stranieri trasmette ancora la gioia di vivere, lo stile di vita tipicamente italiano. E poi qui il caffè è più buono", ha concluso il regista, che al Torino Film Festival presenterà in anteprima il suo nuovo film su un veterano del Mossad, 'Spider in the web', con Monica Bellucci nel ruolo di femme fatale. Riklis sta lavorando anche a un lungometraggio basato sul romanzo 'Leggere Lolita a Teheran' di Azar Nafisi e che sarà pronto l'anno prossimo (ANSAmed).
Il Pitigliani dà a Eran Riklis il premio alla Carriera
La kermesse cinematografica continua fino al 20 novembre
"Grazie alla lontananza dalla mia terra di origine ho maturato una prospettiva, che è veramente molto importante", ha detto ad ANSAmed. "La distanza, infatti, mi ha permesso di sviluppare un punto di vista logico che soltanto dopo diventa nuovamente emotivo, mentre se si rimane immersi in una realtà non si ha la possibilità di guardarla davvero perché si è troppo coinvolti emotivamente e non si riesce a parlarne con lucidità". Il cineasta ha espresso la propria ammirazione per il cinema, l'arte e la cultura italiana: "Fellini, Antonioni, Bertolucci, Rossellini insegnano un approccio che è una vera e propria guida. L'identificazione con il cinema italiano è facile perché ha una grande ricchezza. Io penso che dal punto di vista culturale e artistico l'Italia sia il paese più straordinario del mondo". Riklis ha quindi ricordato il suo film del 1991, 'Finale di Coppa', in cui un israeliano e un palestinese durante la guerra in Libano sono accomunati dal tifo per la squadra italiana ai Mondiali di Calcio del 1982. La caratteristica della produzione cinematografica di Riklis è quella di trovare i punti di contatto nella diversità, ciò che unisce in una verità da lui definita sempre "complessa". "Non sono un insegnante, un religioso o un politico, ma posso guardare quanto accade, documentandomi prima e completando poi il lavoro con la libertà artistica. Un mio film non è un documentario ma un'opera che, entrando in contatto con altri esseri umani, deve dare un'emozione al pubblico che guarda la realtà con i miei occhi: essere un regista è un privilegio, ma anche una grande responsabilità". Per questo, più che militante in senso tradizionale, il regista israeliano definisce il suo cinema "umanistico, definizione forse troppo semplice ma che rimanda alla ricerca della verità". Per scandagliare quest'ultima servono "onestà, rispetto e amore", per Riklis i tre insegnamenti da rispettare "e spesso dimenticati in Medio Oriente". "Quando si parla di identità, basti pensare a due città mediterranee come Roma e Gerusalemme. Entrambe con una storia millenaria, ma a Gerusalemme si associa sempre la guerra e il sangue, mentre Roma per molti stranieri trasmette ancora la gioia di vivere, lo stile di vita tipicamente italiano. E poi qui il caffè è più buono", ha concluso il regista, che al Torino Film Festival presenterà in anteprima il suo nuovo film su un veterano del Mossad, 'Spider in the web', con Monica Bellucci nel ruolo di femme fatale. Riklis sta lavorando anche a un lungometraggio basato sul romanzo 'Leggere Lolita a Teheran' di Azar Nafisi e che sarà pronto l'anno prossimo (ANSAmed).