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Padre Pizzaballa, 'Parlare ora di pace in MO è retorica'

'Prima serve ricostruire la fiducia tra le parti'

23 dicembre, 15:48

(di Massimo Lomonaco) (ANSAmed) - TEL AVIV, 23 DIC - "Parlare di pace ora, sarebbe solo retorica". Padre Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico di Gerusalemme, non ha perso la speranza ma ha una visione realista dell'attuale situazione del conflitto tra israeliani e palestinesi. "Prima di parlare di pace - spiega in un'intervista all'ANSA a pochi giorni da Natale - bisogna ricominciare a ricostruire un discorso di rispetto e di riconoscimento reciproco e farlo calare nella vita reale della popolazione. Solo dopo si potrà cominciare a parlare di un processo di pace". A dargli il polso della situazione - Pizzaballa è da 30 anni nella regione - non c'è solo il fallimento di ogni trattativa e l'atteggiamento della comunità internazionale e degli stessi Paesi arabi restii a infilarsi "nel ginepraio" del conflitto ma anche le opinioni pubbliche, israeliana e palestinese. "In fondo - sottolinea - anche loro non credono più molto ad un possibile processo di pace. E questo credo sia l'ostacolo principale. Senza un consenso popolare di entrambe le parti, nessuno potrà mai imporre una soluzione". "I motivi di questa situazione - aggiunge - si devono soprattutto alla poca lungimiranza della leadership politica locale: invece di costruire prospettive, si sono chiusi in ripicche e contrapposizioni sterili e senza senso, cercando il consenso immediato anziché perseguire una visione di lungo termine".

Pizzaballa è consapevole che uno dei nodi principali sia proprio Gerusalemme, da dove amministra la comunità cattolica di rito latino in Israele, Territori Palestinesi, Giordania e Cipro.

"Non spetta a me come responsabile religioso decidere il futuro politico della città, tuttavia - osserva - qualsiasi soluzione dovrà essere inclusiva e non esclusiva. Si dovranno trovare soluzioni che permettano a tutti di esercitare la loro cittadinanza in questa città unica. Saranno necessarie soluzioni speciali, per un contesto davvero speciale, dove politica, fede e tradizioni si intrecciano continuamente". Riguardo alla realtà dei cristiani nella regione, Pizzaballa ne esalta le diversità per le quali è "quasi impossibile fare una comparazione. Se a Gaza, dove ci sono circa 800 fedeli, la situazione "è drammatica" come per il resto della popolazione, in Cisgiordania (circa 45mila) le condizioni sono migliori ma "certo non rosee".

"In Israele, avverte, per i circa 130mila arabi cristiani e altri 80mila lavoratori stranieri la situazione è decisamente migliore". "Non comprendo tuttavia - conclude - la politica di chiusura ermetica operata da israeliani ed egiziani per Gaza.

Quest'anno, ad esempio, non ci sono permessi per i cristiani di Gaza per recarsi a Betlemme. I motivi riportati per questa decisione sono di sicurezza, ma fatico a capire quale pericolo alla sicurezza ci possa essere. La politica israeliana da un lato e la debolezza della leadership palestinese hanno creato una situazione di difficile soluzione". Ora l'appuntamento è a Betlemme: nella città Pizzaballa arriverà il 24 pomeriggio per la processione e la tradizionale messa di mezzanotte, alla quale sarà presente anche il presidente palestinese Abu Mazen. Il giorno dopo, Natale, sarà lui a celebrare la funzione nella chiesa di Santa Caterina. "Nell'omelia - conclude - richiamerò la mia comunità alla necessità di non limitarsi ad andare a Betlemme spiritualmente o fisicamente per celebrare, ma di assumere anche quello che è stato lo stile di Betlemme".(ANSAmed).

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