Si condanna innanzitutto in nome della lotta al terrorismo: vengono eseguite nel mondo arabo e più in generale nei Paesi musulmani - e non soltanto - centinaia di esecuzioni, rileva Nessuno tocchi Caino. Ma dietro questo capo di imputazione si nasconde altro. L'eliminazione degli oppositori ai regimi. Lo scorso anno sono state almeno 223 le esecuzioni di questo genere in 6 Paesi musulmani, tra cui spiccano Iran (33) e Iraq (168).
Due Stati, questi ultimi, in cui la situazione è nettamente precipitata, punta il dito l'Ong. Lo scorso anno e nei primi sei mesi di quest'anno, malgrado al potere sia salito il ''moderato'' Rohani, fa notare il segretario dell'Ong, Sergio D'Elia, sono state eseguite centinaia di condanne a morte, come nello stesso Iraq, ''che ha scelto di adottare un modello iraniano''. Era dai tempi di Saddam, ha proseguito, ''che non si registrava un cosi' alto numero di esecuzioni. Esecuzioni rese necessarie, sostengono le autorità irachene, per contrastare la violenza politica e il terrorismo''. Si continua poi a giustiziare anche nel nome della guerra alla droga: in Egitto, Emirati Arabi Uniti, Iran, Kuwait, Oman, Siria, Sudan, Sudan del Sud e Yemen. Preoccupante la situazione in Egitto, conferma D'Elia ad ANSAmed, dove sono riprese le condanne a morte nel 2014 dopo una sorta di moratoria di alcuni anni. ''Dal 2011 - ricorda D'Elia - non venivano compiute''. Le condanne in blocco pronunciate nei confronti delle centinaia di esponenti della Fratellanza musulmana preoccupano la comunità internazionale.
Crescono poi le condanne a morte eseguite nei confronti dei minori. Almeno 13 persone al di sotto dei 18 anni sono state giustiziate in 3 Paesi: almeno 9 in Iran, 3 in Arabia Saudita e 1 in Yemen. Infine, fa notare lo studio, mancano dati su Libia e Siria. (ANSAmed).