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Obama-Paesi Golfo, no a soluzione militare Libia o Yemen

Usa pronti a difendere alleati arabi da minacce anche con forza

15 maggio, 09:42

(ANSAmed) - NEW YORK, 15 MAG - Una cena di lavoro alla Casa Bianca e tre diverse sessioni di colloqui a Camp David in meno di 24 ore: il presidente americano Barack Obama ha deciso di dedicare molto tempo ai leader dei Paesi del Golfo, per rassicurarli sulla validità dell'accordo sul programma nucleare iraniano, che dovrebbe essere raggiunto entro poche settimane. E i Paesi del Golfo - ha assicurato il presidente americano al termine del vertice di Camp David - sono d'accordo sulla necessita' di trovare un accordo per limitare il programma nucleare di Teheran. Ma lo scambio di vedute e' stato molto ampio, su tutti i problemi della regione mediorientale. A partire dai conflitti militari in Libia, Siria, Yemen e Iraq, per i quali - si legge nella dichiarazione congiunta finale - "non c'e' soluzione militare". Sono conflitti che possono essere risolti "solo attraverso mezzi politici e pacifici, il rispetto per la sovranita' degli stati e la non interferenza nei loro affari interni". Sempre attenti pero' "alla protezione delle minoranze e dei diritti umani".

Le ricche monarchie petrolifere si sono comunque presentate al vertice con richieste concrete: vogliono elementi tangibili che rafforzino i loro accordi di sicurezza con gli Usa. "In passato con gli Usa in materia di sicurezza siamo andati avanti con un accordo tra gentiluomini. Credo che ora serva qualcosa scritto", ha detto giorni fa l'ambasciatore degli Emirati a Washington, Yousef al Otaiba. E in tal senso per rafforzare l'alleanza con i Paesi della regione, gli Usa intendono riconoscergli lo status di "importante alleato non della Nato".

Intanto nella dichiarazione finale di Camp David si legge che gli Stati Uniti sono pronti a difendere con ogni mezzo gli alleati del Golfo da qualunque minaccia o aggressione, anche - se necessario - attraverso l'uso della forza.

Eppure la riunione di Camp David era partita in salita.

Quattro dei sei capi di Stato invitati hanno deciso di non partecipare direttamente e inviare i loro vice. La defezione piu' vistosa e' stata quella del re saudita Salman, ma anche Emirati, Oman e Bahrein hanno inviato delegazioni di piu' basso livello. Di persona sono andati solo i leader di Qatar e Kuwait.

Sul piatto, pero', Obama ha gia' messo un rafforzamento della cooperazione e della assistenza militare, con nuove manovre congiunte anche in campo missilistico. E il vertice con i sei Paesi, riuniti nel Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg) sara' il primo di una serie su base regolare, con il prossimo da tenersi entro un anno a Riad. E vanno anche oltre. Secondo quanto ha detto al New York Times uno dei leader arabi prima di incontrare Obama, i Paesi della regione non possono stare senza far nulla "mentre all'Iran viene permesso di mantenere molte delle sue capacita' e di accumulare le sue ricerche". E ancora piu' esplicito e' stato l'ex capo dell'intelligence saudita, Turki bin Faisal, quando a una conferenza a Seul ha di recente detto che "qualunque cosa avranno gli iraniani l'avremo anche noi". E mentre la Camera Usa ha votato una legge che consentira' al Congresso di esaminare e potenzialmente respingere l'accordo sul nucleare iraniano, a gettare benzina sul fuoco arriva anche la notizia che cinque imbarcazioni dell'Iran hanno sparato ieri mattina colpi d'avvertimento davanti alla prua di una nave cargo battente bandiera di Singapore, cha ha trovato poi rifugio nel porto di Jabal Ali negli Emirati. Che i Paesi del Golfo abbiano validi motivi di apprensione lo ha del resto riconosciuto anche lo stesso Obama in un'intervista ad un quotidiano arabo, Asqarq al Awsat. "L'Iran - ha detto - e' uno sponsor del terrorismo" e "chiaramente ha un comportamento pericoloso e destabilizzante in diversi Paesi della regione". Ed e' per questo che i Paesi del Ccg, che ospitano grandi infrastrutture militari Usa - tra cui la base della Quinta Flotta della US Navy in Bahrein e la base aerea al-Udeid in Qatar - hanno deciso di presentarsi uniti sulla questione, con la prospettiva di affrontare insieme anche altre difficili crisi regionali, come il conflitto in Yemen, o quello in Siria e soprattutto l'ascesa dello Stato Islamico in Siria e Iraq. Tutti argomenti arrivati sul tavolo di Camp David, e di certo collegati anche al nodo del nucleare iraniano.

(ANSAmed).

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