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Siria: vescovo Aleppo,noi cristiani traditi dall'Occidente

Mons.Marayati, nostra città sta morendo, nessuno viene aiutarci

06 febbraio, 14:18

(di Fausto Gasparroni) (ANSAmed) - ROMA, 6 FEB - "Noi, come cristiani, abbiamo questo sentimento: che siamo dimenticati, siamo tralasciati, siamo traditi dall'Occidente. Nessuno pensa a noi. Per esempio si parla di Kobane, e Kobane è un piccolo paesino di nessuno, mentre dimenticano che ci sono cristiani, e una grande parte di questi che vive ad Aleppo: Aleppo sta morendo e nessuno viene a aiutarci sul posto". E' un grido quasi di disperazione quello del vescovo armeno-cattolico di Aleppo, mons. Boutros Marayati, nel rispondere all'ANSA sulla risposta della comunità internazionale alla tragedia siriana, che dura ormai da quattro anni, specie di fronte a nuovi orrori seminati dall'Isis.

"La situazione di Aleppo - spiega il presule a margine della preghiera dei vescovi per la pace, da lui presieduta, promossa dalla Comunità di Sant'Egidio nella chiesa di Santa Maria in Trastevere - è una situazione drammatica, anzi tragica, perché manca tutto: manca l'acqua, manca l'elettricità, la luce, il riscaldamento, la benzina. I medici sono andati, non ci sono medicamenti. Ma siamo lì a vivere, per non dire a sopravvivere, e ci sentiamo un po' lasciati, dimenticati, dall'Occidente e da tutto il mondo". "E allora la nostra gente, i nostri fedeli - prosegue mons. Marayati - vengono spesso da noi per chiedere: 'Rimaniamo o partiamo? Cosa facciamo?' E tu non puoi dire niente davanti a questa tragedia, perché soprattutto c'è la sicurezza che manca. Arrivano razzi, bombe dalla zona dei jihadisti, e due settimane fa anche la nostra cattedrale ha ricevuto un colpo, un razzo che ha distrutto la cupola e tutto il tetto della chiesa".

"La gente adesso pensa a andare via - lamenta il vescovo -.

Già due terzi della popolazione dei cristiani, degli armeni, sono già andati. E' rimasto un piccolo terzo di questa gente, che ancora crede, crede alla pace, vuole rimanere. Soprattutto quando è stato lanciato questo appello per salvare Aleppo, o congelare almeno la situazione nella città e fare un cessate il fuoco, tanti hanno creduto e credono ancora. Ma diventano sempre più pessimisti, perché la situazione non è cambiata, al contrario è peggiorata".

Marayati sottolinea che "la speranza c'è. Ci sono tanti appelli. Anche la Comunità di Sant'Egidio ha fatto questo appello per salvare Aleppo. Ma in realtà sul terreno niente è cambiato. Al contrario la situazione è peggiorata, è diventata ancora più drammatica". "Ormai - racconta - solo noi apriamo le nostre chiese per aiutare la gente: arrivano aiuti e tutti sono diventati gente povera che sta a chiedere elemosina. Quelli che aiutavano la chiesa, ormai anche loro hanno bisogno di aiuto".

"La gente è stufa - aggiunge -. C'è la dignità umana, no? Come puoi andare sempre in fila ad aspettare una goccia d'acqua, aspettare la benzina, aspettare il cibo? E mentre i ricchi sono andati via, quelli che prima avevano una vita di una certa dignità, la classe media, sono diventati poveri".

Il vescovo spiega comunque che "malgrado tutto, abbiamo aperto le scuole, abbiamo i fedeli che vengono in chiesa, tante chiese sono state distrutte, ma quelle che funzionano ancora sono piene di fedeli che credono ancora e pregano perché questo tipo di male, come si dice nel Vangelo, non se ne va che con la preghiera e il digiuno. E allora noi chiediamo la pace con appelli alla preghiera e al digiuno: come diceva un vescovo, 'queste cose si chiedono al Signore con le lacrime'. E' questo che facciamo ora nelle nostre comunità".

A proposito dei rapporti con le altre comunità, anche non cristiane, il vescovo armeno-cattolico sottolinea che "quello che è stato bello ad Aleppo è che tutto si fa in modo ecumenico: non puoi essere cristiano cattolico da solo. O siamo insieme o non siamo. Allora tutto quello che si fa, si fa tra ortodossi, cattolici e protestanti insieme. Si fa anche con i musulmani moderati. Allora tutto quello che succede adesso, almeno per la parte che sta ancora lì, è una cooperazione, una collaborazione, una solidarietà ecumenica e interreligiosa". (ANSAmed).

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