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Siria: Oxfam a governi Occidente,aprite frontiere a profughi

Solo 124 mila ospiti in Europa, in Libano oltre un milione

29 agosto, 18:52

(ANSAmed) - ROMA, 29 AGO - Solo l'apertura delle frontiere dei paesi occidentali, e di quelli più ricchi in generale, potrà dare una speranza di salvezza a una popolazione allo stremo.

L'appello di Oxfam giunge dopo l'annuncio dell'Unhcr sul numero di profughi siriani ufficialmente registrati, che ha raggiunto i 3 milioni, cui si aggiungono 10,8 milioni di persone (fra cui oltre 6 milioni di sfollati interni) che hanno bisogno di aiuto dentro il Paese.

"Bisogna agire con urgenza - dice l'Ong - per arginare la crisi di un'intera regione piegata dallo spostamento in massa di milioni di persone, dalla mancanza di fondi, dall'insufficienza di servizi e infrastrutture dei paesi confinanti, ormai al collasso dopo oltre 3 anni di crisi".

Solo 123.600 profughi siriani, evidenzia l'ong citando l'Unchr, hanno trovato una sistemazione nei Paesi europei, contro il milione e 169.846 in Libano, gli 832.508 in Turchia, 612.737 in Giordania (di cui oltre l'80% nei due campi: Azraq e Zaatari). E solo 5000 hanno trovato sistemazione lontano dai Paesi limitrofi grazie all'intervento dell'Onu, vale a dire lo 0,16% del totale.

Nel frattempo l'appello umanitario delle Nazioni unite rimane inascoltato, avendo raggiunto meno della metà dei fondi necessari. Sebbene fino a oggi i paesi vicini, come Libano, Giordania e Turchia, abbiano fornito aiuto ai rifugiati, la loro generosità si sta esaurendo perché spesso sono le comunità più povere a portare il peso della crisi siriana. La comunità internazionale deve fare la sua parte e impegnarsi per dare protezione ai profughi, fornendo supporto ai paesi confinanti in modo che possano continuare a tenere le frontiere aperte per la popolazione siriana in fuga dalla guerra.

La mancanza di fondi ha già costretto le agenzie umanitarie a tagliare programmi e a circoscrivere gli aiuti, lasciando senza supporto molti profughi. In Giordania, per esempio, Oxfam ha dovuto sospendere la distribuzione di denaro a 6.500 rifugiati nelle comunità ospitanti. A giugno 2014, le Nazioni Unite hanno ridotto i fondi ai rifugiati da 4,2 a 3,74 miliardi di dollari, a causa del mancato arrivo di denaro dai donatori.

"Il fatto che 3 milioni di siriani siano oggi rifugiati - sottolinea Riccardo Sansone di Oxfam Italia - è solo una parte del quadro di sofferenza umana. Con i 10,8 milioni di persone che hanno bisogno di aiuto dentro la Siria e gli attacchi indiscriminati che colpiscono i civili, sempre più famiglie saranno costrette a cercare rifugio. I profughi stanno dando fondo ai propri risparmi". In Giordania, l'insediamento di migliaia di rifugiati siriani in un'area dove c'è poca acqua genera grande pressione sulle poche risorse idriche. I profughi con cui Oxfam lavora nel campo di Zaatari devono farcela con 35 litri di acqua a persona al giorno per bere, lavarsi e pulire, una riduzione drammatica dai 70-145 litri a cui erano abituati in Siria. Oxfam e le altre agenzie umanitarie lottano per far fronte ai bisogni essenziali, lavorando alla costruzione di una più adeguata rete idrica. Dei 10,8 milioni di persone che hanno bisogno di assistenza, su una popolazione totale di 22 milioni, gli sfollati interni sono ad oggi circa 6,4 milioni , mentre 4,7 milioni di persone che necessitano di aiuti, si trovano in aree "difficili da raggiungere", incluse circa 241.000 persone che vivono in aree attualmente assediate dalle forze governative o di opposizione. Tragico anche il quadro delle vittime. Secondo le Nazioni Unite sono oltre 191.000 dall'inizio del conflitto partito nel marzo 2011, mentre sono sempre di più profughi siriani in fuga per lo più nei paesi limitrofi. Quelli registrati a fine agosto come rifugiati dall'Unhcr sono così suddivisi: 1.169.846 in Libano, 832.508 in Turchia, 612.737 in Giordania (di cui oltre l'80% nei due campi: Azraq e Zaatari), 215.369 in Iraq (numero in netta diminuzione negli ultimi due mesi), 139.040 in Egitto, 23.367 in Nord Africa ( tra Marocco, Algeria e Libia) e 123.600 in Europa. (ANSAmed).

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