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Siria: Ad Aleppo raduno di 800 giovani cristiani, rimarremo

Emigrazione tuttavia continua; villaggi cristiani temono Isis

24 settembre, 10:28

Incontro tra centinaia di giovani cristiani a Aleppo Incontro tra centinaia di giovani cristiani a Aleppo

(ANSAmed) - ROMA - Circa 800 ragazzi e ragazze cristiani di Aleppo si sono riuniti in questi giorni nel centro salesiano della loro città, tuttora divisa da una linea del fuoco tra lealisti e ribelli, per ribadire la volontà di resistenza della comunità cristiana. A riferirlo è un sacerdote cattolico siriano che preferisce mantenere l'anonimato.

Nonostante i quartieri cristiani di Aleppo siano sotto il bombardamento dei miliziani anti-Assad, l'incontro di due giorni, dal titolo 'Siete miei testimoni', "ha rappresentato un momento di gioia, di fede e di preghiera per la pace", ha spiegato il religioso ad ANSAmed.

La situazione dei cristiani in Siria, sia ad Aleppo che altrove, rimane però "drammatica".Sono ormai oltre 200 mila i cristiani che hanno lasciato la Siria, mentre altre centinaia di migliaia si sono rifugiati nella cosidetta valle dei cristiani, a ridosso del Mediterraneo, abbandonando in maggioranza città o zone a rischio. Mharda, una cittadina del centro della Siria dove vivono circa 20 mila cristiani, è stata minacciata per settimane di essere attaccata e conquistata da gruppi legati allo Stato islamico: "ora la situazione è migliorata, ma rimane la paura". La tensione in tanti villaggi cristiani è talmente alta che i falsi allarmi si rincorrono, e spesso la gente fugge, per poi ritornare e scoprire che le loro abitazioni sono state nel frattempo saccheggiate da bande criminali. "Nessuno sa come questa guerra andrà a finire", dice il sacerdote. Certo anche tra i cristiani, come tra i musulmani moderati, "è forte il risentimento verso un Occidente che ha consentito a gruppi terroristici di proliferare e radicarsi in parti della Siria, un tempo nazione simbolo di convivenza tra le fedi". "Gli Stati Uniti si sono dichiaratamente mossi solo per tutelare i loro interessi petroliferi, a partire dal Kurdistan iracheno", osserva il prelato.

Tra le poche certezze in una guerra in corso da quattro anni, "dove in alcune zone è difficile persino capire chi combatte chi", rimane "il fatto che l'esercito siriano (di leva) rappresenta ancora l'unità del Paese e cerca di mantenere la sicurezza nelle aree sotto il proprio controllo mentre lo Stato centrale continua a pagare i salari e le pensioni ai propri cittadini, persino a Raqqa, la roccaforte degli islamisti dell'Isis", riferisce il sacerdote. "In questi giorni riaprono le scuole, nonostante tutto". (ANSAmed).

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