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Isis:Centro islamico Italia, no a equazione Islam-terrorismo

Boldrini a Grande Moschea Roma, no a violenza in nome religione

17 ottobre, 18:44

(di Cristiana Missori) (ANSAmed) - ROMA, 17 OTT - ''No alla violenza in nome dell'Islam'', ''No al terrorismo. L'Islam è religione di pace''.

E' un appello "senza se e senza ma" quello lanciato oggi dal Centro islamico culturale d'Italia della Grande Moschea di Roma e dalle istituzioni italiane, rappresentate dalla presidente della Camera, Laura Boldrini. Comunità musulmana della capitale e autorità, insieme per dire no alla violenza degli estremisti dello Stato islamico (Isis) e fare i dovuti distinguo ''fra terrore e religione musulmana''.

L'Isis, ha detto Laura Boldrini intervenendo all'incontro, ''non è solo una minaccia per l'Occidente e per il mondo intero, è soprattutto una minaccia per il mondo musulmano''. A essere danneggiati ''sono i civili musulmani, colpiti nella propria anima da chi utilizza l'Islam per esercitare potere''. Su di loro, ha proseguito la presidente,''si getta discredito, rendendo difficile la vita di milioni di persone''.

Parole dure, quelle pronunciate dalla terza carica dello Stato davanti ai numerosi ambasciatori dei Paesi musulmani in Italia, a qualche parlamentare - dal deputato Khalid Chaouki al senatore Luigi Manconi, all'ex sindaco di Roma Gianni Alemanno - e ai tanti esponenti della comunità musulmana di Roma raccolti dal Centro islamico - unico ente musulmano con personalità giuridica - nel giorno della grande preghiera del venerdì. Dentro l'ufficialità, fuori dalla moschea dei Parioli sono comunque in molti a condannare le atrocità dell'Isis e a chiedere di fare le dovute distinzioni tra terroristi e musulmani. Ai media, ma anche all'opinione pubblica italiana. Dai vertici del Centro islamico arriva una dura condanna nei confronti del terrorismo. ''E' nostro dovere assumere una posizione chiara e non negoziabile contro chiunque favorisca queste minacce, chiunque alimenti i conflitti o si faccia complice del terrorismo'', ha affermato il segretario generale, Abdellah Redouane. Il fenomeno dei ''foreign fighters è un dato allarmante'', ammette. ''Si tratta di migliaia di persone partite dall'Europa per andare a combattere in Siria. Ma 20 milioni di musulmani sono invece rimasti con le loro famiglie in Europa, che è la loro casa e che vogliono proteggere insieme a tutti quelli che vi abitano. Spetta a noi tutti custodirla''. Non ci sarà ''mai spazio per i seminatori di odio'', ha cocluso Redouane. ''La nostra religione non si riconosce in questa violenza. Serve una nostra presa di posizione, ma dobbiamo noi avere per primi la consapevolezza e l'onestà intellettuale di riconoscere la mutazione genetica intervenuta in alcune frange minoritarie''.

Un concetto, quest'ultimo, sottolineato anche nel messaggio inviato dal card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. ''Una comunità religiosa che vede un numero non indifferente di suoi seguaci di varie provenienze etniche e in vari Paesi commettere nel suo nome atti disumani, criminali e odiosi, non può non riflettere sulle ragioni per le quali questi suoi membri hanno deviato".

(ANSAmed).

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