Nidhal Selmi, 23 anni, è morto ieri sera in Siria, lasciando attonito il suo paese che pure ha coscienza d'essere suo malgrado coinvolto nella jihad dello Stato islamico, cui migliaia di giovani tunisini hanno aderito anche sotto la spinta della predicazione di imam estremisti.
Fino a pochi mesi fa Nidhal era un ragazzo come gli altri, in più baciato dalla fortuna anche economica perché si era guadagnato il posto prima nella sua squadra, poi nella nazionale. Giocando nell'Etoile sportive du Sahel, aveva conquistato i tifosi non solo in questa regione, ma in tutto il Paese. Poi, all'improvviso, qualcosa è cambiato, forse sotto la spinta dell'esempio del fratello che, abbandonata la famiglia, era partito per la Siria, passando per la Turchia.
Una 'conversione' all'islam estremo che non è giunta inattesa, come testimonia l'evoluzione grafica della sua pagina su Facebook divenuta, da quella spensierata di un giovane con mille prospettive ad una tetra, continua rivendicazione della supremazia dell'islam e della fondatezza delle teorie di chi lo vuole imporre con il sangue al mondo intero. E quando partì per la Siria, la sua decisione fu celebrata dai siti salafiti come la realizzazione di un sogno.
Ieri la fine in una Siria devastata che continua ad attrarre irresistibilmente chi sente di dover combattere una guerra, anche se non è la sua. La morte del giovane ex campione ha scioccato molti suoi coetanei in Tunisia, anche tra coloro che non lo avevano mai visto giocare. Ed i commenti in rete si dividono tra chi dice che ha pagato per una scelta personale e chi, cinicamente, commenta: uno di meno. (ANSAmed).