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Raid e curdi martellano Isis, decine di uccisi a Kobane

31 jihadisti morti in 24 ore.Ma Erdogan rifiuta armare peshmerga

19 ottobre, 19:41

(ANSAMED) - ROMA, 19 OTT - Decine di jihadisti morti in poche ore, uccisi dalle armi dei peshmerga curdi e dai razzi sparati dai caccia nei raid aerei della coalizione: sono pesanti le perdite subite dai combattenti dello Stato Islamico (Isis) nella strategica città curdo-siriana di Kobane, al confine con la Turchia, divenuta il simbolo della resistenza curda e dove da un mese si combatte strada per strada, casa per casa, con tecniche da guerriglia urbana.

Secondo un bollettino dell'ong Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus), solo nelle ultime 24 ore l'Isis, che combatterebbe ancora in circa metà della città, ha perso 31 miliziani, di cui 15 nei bombardamenti aerei alleati. L'ong fa inoltre sapere anche che in 4 giorni almeno 70 corpi di jihadisti sono stati trasportati in un ospedale sotto controllo dell'Isis nella provincia siriana di Raqqa, la "capitale" dello Stato Islamico. Sette le vittime segnalate tra i peshmerga.

In oltre un mese di combattimenti intensi, l'Isis - che all'inizio dell'estate ha sciolto come burro interi battaglioni iracheni e ora controlla in Iraq l'80% della provincia a maggioranza sunnita di Al-Anbar - non è riuscita a infliggere una sconfitta decisiva ai curdi a Kobane. Pur essendo riusciti per un breve periodo ad occuparne gran parte del territorio, i jihadisti - nelle cui file militano migliaia di mujaheddin stranieri, anche da Paesi occidentali - si troverebbero in difficoltà e nelle ultime settimane hanno inviato rinforzi nella città frontaliera, nella speranza di rovesciare le sorti di una battaglia che per il Califfato ha un alto valore strategico e simbolico. Secondo l'Ondus e vari osservatori, l'Isis, che resiste nel centro della città mentre i curdi stringono da est, tenta di tagliare l'accesso alla frontiera turca a nord, l'unica via di approvvigionamento per i curdi e unica via di fuga per i civili. Di questi, dal 16 settembre almeno 300.000 sono stati costretti a lasciare la città e i dintorni, 200.000 dei quali riparati nella vicina Turchia, gli altri fuggiti in Iraq. Ma ancora migliaia sono intrappolate all'interno di Kobane, fra l'incudine dell'Isis e il martello dei raid aerei alleati.

Questi ultimi, oltre ai combattenti e ai mezzi dei miliziani estremisti, stanno prendendo di mira anche alcune infrastrutture petrolifere, nel tentativo di assestare un colpo al contrabbando di greggio con cui lo Stato islamico si finanzia per un valore potenziale che oscilla fra uno e tre milioni di dollari al giorno.

Malgrado si combatta a ridosso del suo confine, la Turchia tuttavia continua non solo a rifiutare di intervenire militarmente a terra contro l'Isis da sola, ma anche di finanziare i peshmerga siriani: oggi lo stesso presidente Recep Tayyip Erdogan ha equiparato il partito curdo-siriano Pyd e il suo braccio militare Ypg (Unità di protezione del popolo) al Pkk curdo-turco, bollandolo come "terrorista". Ciò nonostante oggi il presidente Usa Barack Obama si è sentito telefonicamente con Erdogan e i due hanno convenuto che occorre "rafforzare la lotta contro l'Isis".

La tensione, anche in Iraq, resta altissima: oggi un kamikaze si è fatto esplodere all'interno di una moschea sciita a Baghdad, uccidendo almeno 15 persone e ferendone altre 30.

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