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Isis:'Ankara risponde su Kobane ma senza cedere a curdi Pkk'

Torelli, permesso solo a curdi Iraq alleati che non amano cugini turchi

21 ottobre, 09:58

Il presidente turco Erdogan con il segretario della Nato  Jens Stoltenberg Il presidente turco Erdogan con il segretario della Nato Jens Stoltenberg

(di Luciana Borsatti) (ANSAmed) - ROMA, 20 OTT - Un modo per rispondere alle tante pressioni internazionali per un intervento della Turchia a favore della città siriano-curda di Kobane, rivolgendosi però ad un proprio storico alleato nell'area, il governo regionale del Kurdistan iracheno di Massoud Barzani, senza cedere spazio alla storico 'nemico' rappresentato dai curdi di casa propria.

Interpreta così Stefano Maria Torelli, ricercatore dell'Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) di Milano, la scelta di Ankara di consentire ai 'peshmerga' iracheni di raggiungere Kobane attraverso il territorio turco. "Vista la necessità di mantenere stabili i propri confini, ma anche il deterioramente dei rapporti con altri Paesi dell'area - osserva Torelli parlando con ANSAmed - non è un caso che la Turchia abbia scelto i curdi iracheni, con cui da tempo intrattiene buoni rapporti".

Rapporti, ricorda, avviati già all'epoca della prima guerra del Golfo del 1991 e proseguiti anche grazie all'importante ruolo svolto dalle imprese turche nella ricostruzione del Kurdistan iracheno dopo la caduta di Saddam Hussein. E rafforzati anche dal fatto che Ankara, sottolinea Torelli, è uno dei pochi acquirenti diretti - senza cioè la mediazione di Baghdad - del petrolio del Kurdistan. Ankara così risponde alle accuse di voler lasciar cadere Kobane nelle mani dell'Isis pur di non aprire le frontiere ai combattenti curdi turchi - e così rischiare di favorire un rafforzamento della loro causa autonomista - come alle pressioni Usa per un suo ruolo più attivo e un contributo concreto nella coalizione internazionale contro lo Stato islamico. Ma vi è anche un'altra considerazione relativa all' "immagine della politica turca - osserva ancora l'analista politico - che dimostra con questa concessione di non avere preconcetti anticurdi, ma al tempo stesso li discrimina al loro interno". Non vi è però ora la possibilità che i curdi della Turchia si uniscano ai loro cugini iracheni, aggirando il blocco posto da Ankara per il passaggio della frontiera? Improbabile, secondo Torelli, "perché i rapporti sono difficili anche tra curdi iracheni e turchi: i curdi sono divisi al loro interno, e questa è la loro debolezza" anche al fine di un unico stato curdo. Ma restano incerte anche le sorti della guerra contro l'Isis, e non solo a Kobane. "In effetti la scelta più logica sarebbe stata quella di lasciare intervenire i curdi della Turchia, che non sono impegnati su altri fronti come quelli iracheni. Al di là della sua valenza simbolica, infatti, Kobane non è l'unico fronte aperto contro lo Stato islamico". Dalla loro, d'altra parte, i curdi turchi non possono contare nemmeno sull'opposizione interna ad Erdogan di ispirazione laica e nazionalista. "Paradossalmente i curdi sono più invisi a quest'ultima che ad Erdogan - conclude Torelli - che pur aveva avviato un processo di pace con il Pkk di Ocalan". Il quale ha già avvertito che il processo rischia di saltare se Kobane cadesse in mano all'Isis. Ma questo non è ancora accaduto.

(ANSAmed).

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