"Le uccisioni sono sempre più barbare, i rapimenti in forte crescita, con l'obiettivo, per chi li perpetra, di impedire l'informazione indipendente e gli sguardi esteriori - scrive Rsf nell'introduzione al suo rapporto -. Le intimidazioni sono così diffuse che i giornalisti che hanno scelto la via dell'esilio sono il doppio dell'anno precedente". Se, infatti, il numero di uccisioni è in lieve calo (-7%), il modo in cui alcune di queste sono state perpetrate, a cominciare dalle decapitazioni ad opera dei militanti dello Stato islamico, "aveva raramente raggiunto una scienza così barbara della propaganda". E' inoltre raddoppiato il numero di donne giornaliste o fotoreporter uccise, dalle tre dell'anno scorso a sei. Il Paese più pericoloso per i professionisti dell' informazione è la Siria, con 15 morti, seguito dai territori palestinesi (7), dall'Ucraina (6), dall'Iraq e dalla Libia (4 ciascuna). Sono invece in calo le morti di giornalisti in Paesi considerati problematici ma non in conflitto aperto, come le Filippine e l'India.
Un elemento preoccupante, rileva il rapporto di Rsf, è il forte aumento dei sequestri di giornalisti, arrivati nel 2014 a quota 119, il 37% rispetto all'anno precedente. La maggior parte dei rapimenti è concentrata in Medio Oriente e Nord Africa, con 29 giornalisti rapiti in Libia, 27 in Siria e 20 in Iraq, ma anche in Ucraina "numerosi giornalisti sono stati sequestrati quest'anno, soprattutto nell'est del Paese, dove il conflitto continua nonostante il cessate il fuoco siglato a settembre". Ad oggi, 40 giornalisti e 3 citizen journalist restano nelle mani dei loro sequestratori. Restano infine numerosissimi i giornalisti che nel mondo sono minacciati o maltrattati per impedire loro di fare il proprio lavoro: in ben 1.846 hanno subito minacce o aggressioni violente nel 2014, spesso da parte della polizia durante manifestazioni o scontri, e 853 sono stati arrestati. (ANSAmed)