Ma ci sono altri siriani che, in fondo, non se la passano male. Sono quelli che, al primo manifestarsi dei prodromi della guerra, hanno avuto il tempo e la fortuna di monetizzare i loro averi e, quindi, arrivati in Algeria, hanno potuto acquistare una casa (soprattutto tra Algeri ed Orano) e quindi vivere normalmente. Ma sono una goccia nel mare della disperazione dei loro connazionali, che vivono ai margini delle città più grandi, nella speranza di potere raccattare pietà e solidarietà. Tutto ciò che ha un tetto e non crea difficoltà ad entravi diventa un rifugio -moschee, stazioni ferroviarie e dei tram, parcheggi, androni -anche se il freddo della notte è forte e non dà tregua.
Tra i profughi moltissime sono le donne e spesso le si vede in strada ad elemosinare. I proprietari di negozi e grandi magazzini chiudono un occhio quando le vedono entrare nei loro esercizi, tendendo la mano ed appellandosi alla solidarietà tra musulmani. Le poche monete che raccolgono (cento dinari valgono meno d'un euro) servono a comprare latte e pane per i bambini e poco altro. Il problema dell'arrivo dei profughi siriani è vecchio di tre anni, ma solo da pochi mesi le autorità algerine, messa da parte la pietà, hanno cominciato a indagare su come abbiano potuto raggiungere l'Algeria, ben lontana dall'agognata Europa, scoprendo l'esistenza di una vasta organizzazione che li fa arrivare dalla Turchia in aereo grazie a falsi passaporti turchi. Si tratta di documenti spesso contraffatti in modo grossolano, ma non in modo tale da farli immediatamente riconoscere come falsi, che i profughi acquistano per 700 dollari ciascuno. Una cifra per loro esorbitante, comunque più bassa di quella che spendono coloro che tentano le strade infide del Mediterraneo per arrivare in Europa. Tra coloro che giungono in Algeria con passaporti falsi ci sono ora molti giovani che hanno in testa solo una cosa: raggiungere l'Europa. (ANSAmed).