Un bel giorno, all'inizio dell'anno, dopo avere letto delle atrocità degli uomini del 'califfo' al Baghdadi contro i civili yazidi in Irak, i civili sgozzati, le donne violentate e vendute come schiave sessuali, è salito su un aereo ed ha raggiunto le milizie curde in Iraq. Per sei mesi è stato uno 'sniper'. Ha ucciso i 'tagliatori di teste' dell'Isis. Da una rovina su una collina del Sinjar, il monte sacro degli yazidi, ha sparato contro le postazioni del nemico. La notte soprattutto: "appoggi l'occhio contro il visore telescopico del fucile. Una pallottola, due... e uno di loro in meno". Al rientro a Madrid la settimana scorsa con un altro volontario spagnolo è stato arrestato. Per avere partecipato non autorizzato a una guerra all'estero. Come se si fosse arruolato con i terroristi dell'Isis, invece di combatterli in nome della libertà e dei diritti umani, i valori più sacri dell'Occidente. E' stato però rimesso quasi subito in libertà in attesa del processo. "Non capisco: io non sono un terrorista. I terroristi sono loro" ha detto a El Mundo. Paco, che preferisce non rendere pubblico il suo cognome - "potrebbe arrivare uno di loro mentre sono qui in strada e ammazzarmi" - ha raccontato di avere assistito ad atrocità, di avere perso molti compagni contro "i fascisti" Isis. Come quando ha visto i terroristi jihadisti catturare un gruppo di ragazzi curdi. "Gli hanno sparato alle gambe, poi li hanno rinchiusi. Hanno urlato per ore. Sono morti dissanguati".
Paco era uno studente di storia all'università di Madrid. Un ragazzo in apparenza timido e tranquillo, membro di un gruppo comunista. Leggeva Marx, Lenin. E Harry Potter. Tutti libri che ha portato con sé in Iraq. E che leggeva fra uno scontro e l'altro. Poi ha letto delle Brigate Internazionali del 1936-39.
"Quegli uomini non avevano nulla a che vedere con noi, non hanno chiesto nulla in cambio, sono venuti da Francia, Inghilterra, Usa, per lottare contro i fascisti. C'era molto generoso romantismo in quella gente, molta verità, valori che oggi non abbondano". In Iraq nei momenti più difficili pensava ai supoi cari, ai genitori, ai fratelli, alla fidanzata. "Le dissi che sarei andato a combattere contro i jihadisti poche ore prima di partire. Da allora mi ha lasciato". A volte tensione, paura e disperazione prendevano il sopravvento. "Dare un'occhiata sopra il muretto era come una roulette russa". Paco racconta che un giorno un giovane curdo con il quale aveva condiviso tanti momenti duri, si è alzato e gli ha detto: "E' finita, Paco".
Poco dopo, durate una pattuglia, il ragazzo curdo si è separato dal gruppo ed è andato diritto verso un campo di mine. "E' esploso".(ANSAmed).