Sulla crisi siriana Washington "più che assumere iniziative illegittime come il bombardamento di uno Stato sovrano violando le leggi internazionali e nazionali - osserva Bradanini parlando con l'ANSA - potrebbe favorire un ampio schieramento contro l'Isis e lavorare insieme a Mosca per una futura uscita di Assad con un salvacondotto, per lasciare il posto ad un governo di coalizione garantito da Russia e Stati Uniti", soluzione che "salvaguarderebbe l'integrità della Siria".
In Siria è in gioco anche l'Iran, riconosciuto come il grande rivale di Riad. Ma è davvero così potente? "L'Iran, direbbe Mao, è una 'tigre di carta', e la sua forza militare è soprattutto interna", risponde l'ex ambasciatore, a Teheran dal 2008 al 2013. "Le forze di proiezione militare esterna sono invece piuttosto scarse: nella graduatoria delle spese militari dello Stockholm International Peace Research Institute del 2015 si situa al 22/o posto con poco più di 10 miliardi di dollari, contro gli 87,2 dell'Arabia Saudita, i 16 di Israele, i 22,2 degli Emirati Arabi Uniti". Inoltre le armi, causa le sanzioni americane, sono "generalmente antiquate", e gli uomini migliori impegnati "contro l'Isis in Siria e Iraq".
C'è dunque chiedersi, sottolinea, "per quale ragione è stata accreditata l'immagine di un Iran bellicoso, irrazionale e pericoloso per la pace in Medio Oriente, quando le ragioni e gli attori delle guerre degli ultimi due decenni vanno cercati altrove". E certe posture radicali contro Usa e Israele, rimarca, non necessariamente comportano "scelte irrazionali".
"La costruzione dell'Iran, che pure viola pesantemente i diritti umani contro il suo popolo come emblema del nemico - aggiunge - è però servita agli americani per giustificare altro, a partire dalla vendita di armamenti" nella regione, "e ad Israele per non affrontare la questione palestinese".
In questo quadro, come si deve considerare la candidatura a sorpresa dell'ex presidente Mahmoud Ahmadinejad, noto per le sue posizioni provocatorie e radicali? "Il gioco delle candidature è sempre imprevedibile in Iran, dove il potere è piramidale e accentrato nelle mani della Guida Suprema - osserva Bradanini, ricordando che oltre alla resurrezione di Ahmadinejad si registra anche la candidatura di Ebrahim Raisi, presidente dalla potente Bonyad (Fondazione) Astan Quds Razavi di Mashad e fidato amico della Guida Suprema.
"Va tenuto presente tuttavia che la dirigenza iraniana ha interesse a mostrare al mondo che nel Paese esiste una genuina dialettica politica, seppure nei limiti costituzionali della Repubblica Islamica. In realtà, la scelta del candidato vincente viene effettuata dall'alto, e più che di una elezione si tratta di una selezione, poi corroborata dal voto popolare, talvolta genuino e talvolta truccato. E' verosimile comunque che la scelta di Khamenei sia stata già presa, molti reputano a favore di Rohani, mentre la candidatura di Ahmadinejad servirebbe come spauracchio per i nemici esterni, ma non avrebbe futuro - anche alla luce dei forti dissapori con Khamenei durante la sua presidenza. A meno che non disponga di qualche informazione di ricatto nei riguardi della Guida. Chiunque sia eletto, comunque, il potere sarà sempre saldamente nelle mani del Clero radicale e dei Guardiani della Rivoluzione.
"Quanto al dossier nucleare - prevede infine Bradanini -, nonostante qualche tentazione contraria Teheran rispetterà alla lettera l'Accordo de luglio 2015 con i 5+1, per mostrare al mondo che sono gli Usa a non farlo. Ora le carte sono nelle mani di Trump, e l'Europa conferma anche qui la sua irrilevanza politica", con "una cessione di sovranità politica sostanziale".
"L'Accordo nucleare ha tuttavia ancora speranze - conclude - se è vero che l'Iran avrebbe già acquistato da Boeing il primo di un pacchetto di 80 aerei passeggeri: un contratto da 17 mld di dollari per migliaia di posti di lavoro in America, cui potrebbe aggiungersene un altro da 3 miliardi per 30 B737 MAX".
Insomma, "si può essere businessman senza fare i cowboy".
(ANSAmed)