"Ho molto a cuore questa questione della integrazione qui in Europa, ormai i musulmani sono una realtà", dice ad ANSAmed.
Ferial Mouhanna si è formata a Firenze, per proseguire la sua attività di insegnamento e ricerca in Siria. Attività che prosegue tuttora, perché nonostante la guerra - sottolinea - la sua università "non ha mai cessato di funzionare nemmeno un giorno", perché "malgrado tutto la macchina dello Stato ancora funziona". "La Siria è distrutta - risponde, interpellata sul futuro di Assad - se lui va via ora piomberà nel caos totale, e sarà ancora più arduo ricomporre" un Paese lacerato dove tuttavia, afferma, "una riconciliazione è ancora possibile". "Io non sono pro o contro - precisa - sto solo " Ma è per occuparsi di immigrazione e integrazione che la sociologa, direttrice del Dipartimento Media e comunicazione dell'università di Damasco nonchè parte del Committee to Protect Journalists con sede a New York. E ribadisce la sua fiduia nell'Italia. "Credo sia il Paese più democratico in Europa - dice - non c'è questa arroganza francese e si trova meno il pragmatismo tedesco. L'Italia è generosa perché non ha mai lasciato nessuno arrivare alle sue coste senza salvarlo. Questo è l'onore dell'Italia, che è di per sé moderata. Anche i musulmani che ci vivono sono i più moderati in Europa". Quindi le possibilità per una vera integrazione "ci sono ma bisogna lavorarci sopra, nel concreto e sul terreno". Ora collabora con il Sangalli ad un progetto sulla integrazione tra fedi e culture differenti, e ha tenuto numerose conferenze sul tema donne e islam. Sulla controversa questione del velo, per esempio, il suo approccio parte proprio dal Corano. In tutti i versetti syul modo di vestire della donna musulmana, scrive, "non esiste nessun ordine né diretto né indiretto di coprirsi il capo. La donna su copriva il capo prima dell'avvento dell'Islam, quindi il cosidetto "velo" è una usanza pagana". "Il Corano is è limitato a ordinare la donna libera di coprire alcune parti "sensibili" del suo corpo, cioè di presentarsi in modo decente e onorevole. Nello stesso tempo il fiqh (diritto, ndr) islamico aveva proibito alla schiava musulmana, già dal tempo del Profeta, di coprire quelle parti per non essere confusa con quella libera. Quindi il vestire "decente" era anche una faccenda di classe", osserva. "Il fatto più pericoloso - prosegue -vè che una parte consistente del fiqh islamico cerca di collegare il modo di vestire della donna alla sua fede, esercitando una sorta di intimidazione psicologica per indurre la donna a mettersi il velo come un modo per 'esprimere la sua religiosità'. Quindi il velo è diventato ormai "un modo per conservare e salvaguardare l'identità islamica" e "una forma di difesa contro certe politiche di assimilazione di alcuni paesi occidentali".
Per risolvere dunque la questione del velo, sottolinea Ferial Mouhanna, bisogna elaborare, in chiave sociologica, "una nuova visione del diritto" in merito alla tutela della donna musulmana, anche su se stessa, "che è piena e incondizionata nell'universale coranico", mentre il "fiqh dominante" è riuscito, nei secoli, anche "valendosi di un detto del Profeta poco attendibile", a "consacrare questa ingiustizia nei confronti della donna. Restituendo alla donna i suoi diritti consacrati nel Testo Sacro, il velo diventa una libera scelta e non più un obbligo ed una sottomissione". In ogni caso, conclude, la problematica del velo "rimane sempre strettamente legata a molti altri diritti" primari "tolti alla donna musulmana in flagrante contraddizione con il Corano e la Sunna di Muhammad". (ANSAmed).