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Medico israeliano che cura siriani, ormai è guerra tra banditi

Non c'è più nessuna rivoluzione. Ziv Hospital accoglie tutti

19 giugno, 17:25

Il Ziv Hospital in Israele Il Ziv Hospital in Israele

(di Flavia Ressmann)  - SAFED (ISRAELE)- Donne incinta, bambini gravemente malati e poi tante persone - di tutte le età, razze e religione - che la gueerra in Siria ha straziato nel corpo oltre che nello spirito. Le porte del moderno e tecnologicamente avanzato Ziv Hospital, nel nord di Israele, ad 11 km dal confine con il Libano e a 30 con quello della Siria, sono sempre aperte.

E gratuite, per chiunque non abbia un'alternativa che gli consenta di sopravvivere.

Profuma di pulito e si respira un'aria di efficienza nei padiglioni del Ziv Hospital. Medici ed infermieri sono indaffarati ma incrociandoli nei corridoi sorridono cordiali.

Shokrey Kassis, chirurgo plastico, concede con gentilezza - a un gruppo di giornalisti italiani - un po' del suo tempo prezioso.

Camice azzurro e mascherina in testa, il dottore sfodera un italiano di tutto rispetto imparato a Roma dove negli anni '80 si è laureato in medicina." L'Italia, ci spiega, è la mia seconda casa dopo la Galilea, dove sono nato". Sulla parete della stanza dove ci riceve scorrono tante diapositive con cifre, tabelle e immagini che fotografano con precisione il lavoro che si fa nell'ospedale, ma Kassis ci racconta un'altra storia. "I feriti che arrivano dalla Siria - quest'anno sono già 720 - ci descrivono una situazione molto difficile. Sanno che altri paesi interferiscono con Damasco e loro pagano il prezzo più alto. E' diventata una guerra di banditi. Non c'è più nessuna rivoluzione, nessuna ideologia. Hanno paura di chi li circonda. Hanno perso la pace e non sanno più cosa sia meglio o peggio per loro. Sanno solo di essere le vittime di questa guerra". "Tutti, però, una volta guariti, vogliono tornare a casa. Piangono per tornarci il prima possibile anche se non sanno cosa e chi troveranno ad aspettarli".

Costruire un rapporto di fiducia tra medici israeliani e malati siriani non è stato né facile né immediato da quando 4 anni fa arrivò il paziente numero zero. "In ospedale -racconta il chirurgo - molti non avevano mai visto un siriano e per i siriani è stata dura accettare di farsi salvare la vita da chi prima consideravano alla stregua di diavoli. Ma poi, superata la sorpresa reciproca, a forza di stare insieme, la convivenza è diventata un'abitudine. E sono nati anche dei legami forti".

Che siano civili, militanti fedeli al presidente Bashar Assad o ribelli islamici, ai medici del Ziv Hospital non interessa. "Noi - spiega Kassis - li curiamo al meglio, non gli facciamo mancare niente per tutto il tempo che debbono restare qui che sia una settimana o anche dei mesi. E non facciamo loro domande, non gli chiediamo da che parte stanno". Sono i medici dell'esercito israeliano che al posto di confine con la Siria, dopo aver fornito le prime cure ai feriti- una sorta di triage - selezionano i più gravi e in ambulanza li fanno arrivare al Ziv Hospital. I bambini giungono sempre accompagnati da un famigliare che viene sistemato in una camera con il piccolo paziente. Ci sono operatori sociali che parlano l'arabo che hanno il compito di farli sentire a loro agio. Come Faris Issa, un ragazzo cristiano con un sorriso disarmante. "All'arrivo - racconta mentre un bimbo siriano di neanche un anno gli si appende ad una gamba per essere preso in braccio - gli consegno un sacca con tutto il necessario, dai vestiti, allo spazzolino da denti, fino a una copia del Corano e al tappetino per le preghiere. Spesso arrivano qui nudi ed anche chi li accompagna ha bisogno di un medico".

"La medicina non ha confini. Può essere un ponte tra le persone.

Continueremo a fornire cure mediche che salvano la vita ai feriti siriani finchè ce ne sarà bisogno". E' questa la filosofia dello Ziv Hospital. (ANSA).

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