(di Francesco Tedesco)
(ANSAmed) Napoli, 14 lug - Lean è allegra, vivace, socievole. Ha
tre anni e viaggia attraverso l'Europa, muovendosi tra migliaia
di migranti e di agenti di polizia che li trattano in maniera
brutale. E' il suo viaggio il punto di vista del documentario
"69 minuti di 86 giorni", che il regista Egil Haaskjold Larsen
porta alla Giffoni Experience, il festival del cinema per
ragazzi che si apre oggi nella località in provincia di
Salerno. Lo sguardo di Giffoni si apre come ogni anno, la
rassegna è alla 47ma edizione, sul mondo e sul Mediterraneo,
in particolare, e in questa edizione uno sguardo in particolare
è dedicato alla crisi dei migranti, raccontata però dal punto di
vista dei bambini. Una scelta inevitabile negli anni in cui,
secondo l'Unicef, un bambino siriano su tre non ha mai vissuto
nulla di diverso dalle guerre e dalle migrazioni.
Ed è particolarmente toccante lo sguardo di Lean, la
protagonista di "69 minuti di 86 giorni", opera prima del
regista norvegese che racconta la storia vera della famiglia
Kanjo, partita dalla Siria con l'obiettivo di raggiungere alcuni
parenti che vivono in Svezia, a Uppsala. Il loro viaggio durerà
86 giorni, dal Medio Oriente, alle coste della Grecia, da una
tendopoli improvvisata ai campi recintati dell'Est Europa tra la
neve e le porte sbarrate. Un calvario che Larsen mostra
praticamente senza voce, uando laa musica, le parole di Lean che
si mischiano ai pianti degli altri bambini. La piccola ride, dà
forza con la sua allegria ai due genitori, ma si trova anche
stretta in treni affollati, chiusa in campi in cui c'è scarsità
di cibo e fa freddo. Lean, soprattutto, cammina, sovrastata da
centinaia di altri migranti, tenendo sempre la mano del padre e
colpisce lo spettatore cantilenando il suo "I want to go home",
sospeso tra una casa, quella siriana, che non avrà più, e una
nuova casa che non sa se riuscirà mai a raggiungere. L'opera
verrà proiettata il 16 luglio ed è stata già premiata in alcuni
festival in Canada e in Norvegia.
Sono sette i bambini dal cui punto di vista racconta invece
la guerra civile in Siria e la migrazione il regista argentino
Hernan Zin che porta a Giffoni il suo documentario "Born in
Syria" che parte dal dato secondo cui dall'inizio della guerra
civile in Siria, circa 4 milioni di siriani hanno dovuto
abbandonare il loro Paese per sfuggire alla violenza e oltre
metà di essi sono bambini. "Ho sentito la necessità - spiega
Zin - di umanizzare i numeri che vediamo ogni giorno nei titoli
delle news. Dare loro nomi. Rimuovere la tirannia del qui e ora
per approfondire e dare una voce alle loro storie e inserirle in
un contesto". Le sette storie di bambini di "Born in Syria"
narrano il viaggio dei piccoli siriano che sopportano la
violenza delle mafie, la crudeltà del mare, l'incertezza del
futuro con appena una maglietta addosso, solo per arrivare alla
sospirata destinazione e cominciare una nuova odissea:
l'integrazione in una terra che per molti si rivela ostile. Ma
nelle sue storie ci sono anche le piccole vittorie, l'innocenza,
il coraggio e la speranza che aiutano a comprendere meglio cosa
significhi nascere in Siria. Zin richiama ancora una volta i
numeri ma anche l'impatto sulla vita quotidiana della lunga
guerra civile siriana: "Il 40% delle vittime del conflitto -
spiega - ha meno di 18 anni. L'altra crudele realtà per i
bambini siriani è la durata del conflitto: già cinque anni di
guerra per le aree maggiormente coinvolte. E questo significa
cinque anni senza accesso all'assistenza sanitaria,
all'istruzione e a servizi di base come elettricità e acqua
corrente".