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"Io sono", ritratti in posa di rifugiati e le loro storie

Luisa Menazzi Moretti li racconta con mostra, libro e video

16 febbraio, 10:20

(di Luciana Borsatti) (ANSAmed) - ROMA, 16 FEB - "Io Sono". Non un numero in una statistica, ma un volto e una storia personale. E' l'identità di ciascuno dei rifugiati ritratti da Luisa Menazzi Moretti in un progetto fotografico, un video e un catalogo diffusi nelle scuole e realizzati in Basilicata dala Fondazione Città della Pace per i Bambini fondata dal Nobel per la pace Betty Williams, dalla Cooperativa Sociale Il Sicomoro e da Arci Basilicata.

Sono questi tre soggetti a gestire i progetti Sprar, il sistema pubblico di accoglienza diffusa sul territorio, nella provincia di Potenza e nei comuni di Matera, San Chirico e Grottole. E in questi territori ha appunto lavorato Luisa Menazzi Moretti - fra i vincitori del Premio Premio One Eyeland Photography Award 201 proprio per questo progetto - con l'aiuto degli operatori sociali e grazie alla spontanea partecipazione di alcuni profughi e richiedenti asilo, che hanno portato le loro storie personali cominciate in Afghanistan, Pachistan, Siria, Nepal, Libia, Nigeria, Senegal, Egitto, Congo, Mali, Costa d'Avorio, Eritrea ed Etiopia, e passate attraverso vicende sempre drammatiche prima dell'arrivo in Italia. "C'è la guerra civile, senza fine .... Volevano lapidarmi, hanno lanciato pietre, ho cicatrici sulla testa, sulla spalla, sulla gamba, guarda. Io sono Muhamed", racconta un sedicenne che viene dal Mali. Il suo è il primo dei ritratti in posa del catalogo, lui guarda l'obiettivo tenendo una pietra in mano. Mohamed invece, che viene dalla Costa d'Avorio e ha 17 anni, stringe un bastone: "un gruppo di terroristi è venuto a cercarci... Hanno bastonato, bastonato, bastonato, bastonato me e mio fratello", è un estratto del suo racconto.

"Mio zio mi ha promessa in sposa ad un suo amico... Vecchio, avevo 14 anni. Sono scappata, sono finita in Libia, è l'inferno.

Mi piacerebbe lavorare in un ristorante. Io sono Adama", racconta una diciottenne del Senegal, che posa con una pentola in mano.

Wuyeh viene dal Gambia, ha la stessa età, un taglio moderno per i suoi capelli crespi, indossa una felpa verde e porta un grande orologio da polso: "la mia matrigna ha cominciato a prendere a botte me e mia madre. Sono fuggito. Ho lasciato il mio Paese alle 12.30 di venerdì".

Paul è dello stesso Paese, mostra il disegno di una colomba di pace. "Voglio vivere una vita di pace, una vita dove posso aiutare le persone. Questo è quello che voglio, perché questo sono io".

Sardar stringe un libro, è fuggito dai talebani afghani perchè "io sono uno studente, non mi piace combattere". Azeeza è nigeriano, tiene in mano un paio di forbici: in Libia "ti rendi conto che è il Paese del Demonio. Andavo a tagliare capelli, volevo guadagnare dei soldi per scappare dall'inferno". Le storie loro e di tanti altri hanno cominciato ad arrivare nelle scuole italiane, dalle elementari ai licei, con un video di 8 minuti e il catalogo, insieme ad una guida didattica per aiutare gli insegnanti ad affrontare i temi legati alle migrazioni. Ad aprire il libro un testo di Domenico Quirico, il giornalista de La Stampa che segue da anni la questione migrazioni, al punto di essere lui stesso salito su un barcone per attraversare il Mediterraneo: "I migranti ci ponevano la domanda: ma allora mentivate sui Diritti? Nasconderli non basterà a sollevarci dall'obbligo di rispondere".

Il progetto consiste anche di una mostra itinerante che sarà aperta dall'1 marzo al 5 aprile a Matera, per poi passare a Potenza, Lecce e Napoli.

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