(ANSAmed) - LUBIANA, 31 MAG - La Slovenia non è soddisfatta
della situazione sulla rotta dei migranti nei Balcani, per
questo è necessario che tutti i paesi della regione, la
Commissione europea e Frontex si impegnino per fare di più.
Lo ha detto il segretario di Stato del ministero degli interni,
Boštjan Šefic, in un'intervista all'agenzia STA, nella quale ha
sottolineato la crescita del numero di migranti che dalla
Turchia attraverso Grecia, Macedonia, Serbia, Croazia e Slovenia
arriva in Europa occidentale. E una nuova rotta sembra essersi
aperta dalla Grecia attraverso Albania, Montenegro e Bosnia, un
percorso lungo il quale l'Agenzia europea per la guardia di
frontiera e la guardia costiera (Frontex) dovrebbe essere più
attenta, ha detto Šefic.
Anche se la Slovenia non è la destinazione principale di questi
migranti, sono molti quelli che richiedono asilo nel paese, il
primo Stato dell'area Schengen lungo la rotta. Uno dei problemi
è che la Serbia ha introdotto la liberalizzazione dei visti con
l'Iran e alcuni paesi africani: "cio' significa che queste
persone entrano in Serbia in modo completamente legale", ha
proseguito Šefic, secondo il quale in questo modo circa 2.000
persone non sono rientrate in Iran alla fine di aprile. Un
simile percorso è possibile anche dalla Turchia alla Bosnia.
Al momento la Slovenia registra 50 tentativi di ingresso ogni
giorno, un numero che infastidisce Šefic, il quale ha
annunciato, anche alla luce di questo aumento, la costruzione di
nuove "barriere tecniche temporanee" in alcuni zone di confine,
soprattutto nell'area di Kolpa, il fiume che segna il confine
naturale fra Slovenia e Croazia, per dissuadere
l'attraversamento che ha già provocato vittime fra i migranti.
"Abbiamo rafforzato i controlli ai valichi di frontiera, perché
i migranti illegali si trovano nei camion e nei treni, e diamo
anche spazio a misure compensative all'interno del paese", ha
spiegato Šefic, per intercettare e rompere le reti di
contrabbandieri di esseri umani. In conclusione il segretario di
Stato ha sottolineato che le recinzioni da sole non possono
risolvere il problema, per il quale è necessaria una
supervisione d'insieme e una cabina di regia a livello
regionale. (ANSAmed)