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Spagna: L'arte che vince la guerra al Guggenheim di Bilbao

Al via la mostra 'Art en guerre':500 opere da Picasso a Dabuffet

15 marzo, 17:40

(di Paola Del Vecchio) (ANSA) - Bilbao, 15 MAR - Puo' l'arte sconfiggere la guerra? La risposta e' nell'esposizione 'L'art en guerre. Francia, 1938-1947: da Picasso a Dabuffet', che il museo Guggenheim di Bilbao, in collaborazione col Museo d'Arte Moderna di Parigi, propone da domani all'8 settembre prossimo. L'evento culturale della stagione: 500 opere di oltre un centinaio di autori, che mostrano come, nel contesto vissuto in Francia durante la II Guerra Mondiale e l'occupazione nazista, gli artisti non solo resistettero, ma si ribellarono al 'nuovo ordine' imposto, con proposte innovative. ''Fecero la guerra alla guerra'', come hanno spiegato oggi le curatrici, Jaqueline Munck e Laurence Bertrand Dorleac, nel presentare l'esposizione, in conferenza stampa con il direttore del Guggenheim, Juan Ignacio Vidarte, e il direttore della Fondazione del Bbva, Rafael Pardo. ''E spesso utilizzando forme e materiali qualunque imposti dalla penuria'', hanno aggiunto.

''Ma senza smettere mai di creare, perfino nei campi di detenzione e sterminio, nelle condizioni piu' avverse a qualunque liberta' di espressione''. Opere di grandi artisti come Pierre Bonnard, Victor Brauner, Alexander Calder, Salvador Dali', Marcel Duchamps, Max Ernst, Henri Matisse, Joan Miro', Pablo Picasso, Rene' Magritte, Constantine Brancusi o Alberto Giacometti, accanto a quelle di autori molto meno celebri. In alcuni casi dalle vite sconosciute o inghiottite dal nulla, come Myriam Levy, della cui opera resta traccia in una lettera a Andre' Breton. O come quella di Charlotte Salomon, morta a 26 anni in un campo di concentramento.

Parigi sotto l'occupazione nazista e il giogo del regime di Vichy, con la sua vita artistica espugnata e spurgata dagli 'indesiderabili', ebrei, stranieri fuggiti da regimi totalitari, antifascisti ed esiliati della Guerra Civile spagnola. La cronologia comincia con la prima grande esposizione surrealista nel 1938, organizzata da André Breton e Marcel Duchamp. E l'enorme sala dal tetto tappezzato di sacchi di carbone, ripropone l'originale, immette subito nell'atmosfera inquietante e oscura, premonitrice dei tempi funesti di la' da venire e in cui, nella sola Francia di Vichy, 600.000 persone furono confinate in 200 campi di detenzione, l'anticamera di quelli di sterminio. Il percorso espositivo avanza attraverso la produzione silenziosa e quasi clandestina di grandi protagonisti dell'arte del XX secolo - rifugiati nella zona al Sud della Francia per sottrarsi all'atmosfera ostile, come Pablo Picasso, Henri Matisse o Pierre Bonnard - e di autori molto meno celebri, anche sconosciuti, che in condizioni difficili e a volte estreme, riuscirono a creare un universo plastico-poetico sorprendente. E termina con il lavoro degli ''anartisti'', termine creato dallo stesso Duchamp per tutti coloro che si opponevano all'accademicismo e all'ordine stabilito, proponendo un primitivismo. Le varie sezioni vanno dal 'gusto ufficiale', la tradizione figurativa che si fa sempre piu' asfittica a mano a mano che Parigi e' costretta a rinchiudersi in se' stessa'; ai surrealisti; alle opere 'nei campi' di concentamento, dove furono rinchiusi artisti come Hans Bellmer o Max Ernst.

Un'intera sezione e' dedicata a Picasso e il suo studio, con le sculture improvvisate dal pittore malagueno con gli scarsi mezzi, come 'Cabeza de toro' - realizzato col sellino di una bicicletta - ai magnifici ritratti delle donne con le quali condivideva le intense passioni, da Marie-Therese Walter, a Dora Maar e Francoise Gilot. ''La mostra ha vari livelli di lettura: artistico, storico, di avvicinamento al contesto dell'epoca, sociale e politico'', ha rilevato il direttore del Guggenheim, Vidarte. ''Soprattutto, umano'', gli hanno fatto eco le due curatrici, ''perche' serve a disvelare la parte dell'iceberg rimasta immersa, occultata nell'intimita' delle case e degli studi, dei rifugi, dei campi di detenzione e concentrazione, delle carceri, negli ospedali psichiatrici all'ombra della storia''.

(ANSAmed).

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