(di Francesco Cerri).
BARCELLONA - Luglio 2017: subito dopo la Dichiarazione Unilaterale di Indipendenza i carri armati spagnoli circondano le sedi di governo e parlamento catalani, un blitz ordinato da Madrid per impedire la spaccatura dello stato.
In piazza centinaia di migliaia di civili affrontano i militari.
Naturalmente è fanta-politica, ma il livello di scontro sulla secessione fra Barcellona e Madrid continua a crescere e per ora non ci sono in in vista possibili soluzioni politiche al braccio di ferro fra Spagna e Catalogna. Il presidente catalano Carles Puigdemont è deciso ad andare avanti verso la 'disconnessione' dalla Spagna che ha promesso per l'estate 2017. La portavoce del suo Govern, Neus Monté, ha confermato che le istituzioni indipendentiste di Barcellona vogliono chiudere il 'processo' fra un anno, nonostante l'altolà del governo di Madrid e della corte costituzionale spagnola, dando la parola ai cittadini.
Monté non ha precisato in che forma, indicando solo che sarà scelto "lo strumento che darà più garanzie". Puigdemont prevede due opzioni: un referendum sull'indipendenza, se possibile concordato con Madrid e altrimenti unilaterale, o la convocazione di elezioni 'costituenti' della nuova "Repubblica".
Due ipotesi che il governo di Madrid e i principali partiti spagnoli considerano illegali e anticostituzionali. Solo Podemos a Madrid è favorevole ad un referendum di autodeterminazione. Domenica durante le celebrazioni indipendentiste della Diada, la festa nazionale catalana, con in piazza centinaia di migliaia di indipendentisti, Puigdemont ha annunciato che a fine mese farà una proposta formale a Madrid per la tenuta di un referendum vincolante sulla indipendenza, che vorrebbe concordato con la Spagna. Per ora però questa ipotesi è graniticamente esclusa dal premier uscente spagnolo il Pp Mariano Rajoy, come pure da socialisti e Ciudadanos, che insieme 'pesano' 250 seggi su 350 nel Congresso di Madrid. L'infinita crisi politica della Spagna, senza nuovo governo da 9 mesi, potrebbe però aprire qualche spiraglio. Gli indipendentisti sperano che il leader socialista Pedro Sanchez, se tenterà la scalata all'investitura ricercando l'ipotetico appoggio di Podemos e dei nazionalisti, possa ammorbidire la sua posizione, nonostante il veto dei 'baroni' del Psoe.
Intanto fra minacce e fughe in avanti lo "scontro fra due treni", come l'ha definito La Vanguardia, fra Madrid e Barcellona si avvicina. Il 20 settembre la Corte costituzionale spagnola potrebbe avviare la procedura di destituzione della presidente del Parlament catalano Carme Forcadell, per "disobbedienza". Gli indipendentisti hanno già chiarito che non l'accetteranno. Il 28 Puigdemont chiederà e con ogni probabilità otterrà, la fiducia dei deputati catalani - a maggioranza assoluta indipendentisti - e formulerà la nuova proposta a Madrid per un referendum vincolante. Un tentativo di mano tesa, ma senza molte speranze. Per stringersi la mano bisogna essere in due.