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Tunisia al voto tra incertezze e speranze per il futuro

Bipolarismo, rischio astensionismo, incognita terrorismo

24 ottobre, 13:31

(di Paolo Paluzzi)

(ANSAmed) - TUNISI, 24 OTT - Domenica i tunisini saranno chiamati ad eleggere con il metodo proporzionale i 217 membri del Parlamento in base alla nuova Costituzione del 2014. Oltre 5 milioni di elettori sceglieranno i loro rappresentanti tra migliaia di candidati delle 1327 liste, sparse in 33 circoscrizioni, di cui 6 all'estero. Questi i dati certi, ad essere incerti sono invece i risultati, che il divieto di pubblicazione dei sondaggi nel periodo di campagna elettorale, rende ancor più difficile immaginare. Il voto di domenica avviene a tre anni dalla tornata elettorale precedente ma si svolge in un clima di disincanto, diametralmente opposto a quello di entusiasmo di quei giorni.

Occorre ripercorrere la storia della Tunisia del dopo rivoluzione per comprendere meglio le ragioni della situazione attuale. Le elezioni del 2011 sancirono la vittoria del fronte composto dal partito islamico di maggioranza Ennhadha e dai due partiti liberali Ettakatol e Congresso per la Repubblica che governarono il paese nella fase transitoria con il nome di Troika. Ad Al-Massar, Partito Repubblicano e Fronte popolare toccò il compito dell'opposizione, fondamentale per rappresentare gli interessi di quella parte della società tunisina "laica". Ciò permise di controbilanciare le forze ma essa si dimostrò debole e frammentata. Per colmare questa lacuna e creare una forza alternativa di centro, nel giugno 2012, il veterano della politica Beji Caid Essebsi creò Nidaa Tounes. In tal modo il panorama politico tunisino, che all'inizio della transizione contava centinaia di nuovi partiti, si assestò attorno a due poli maggioritari: uno, della Troika, portavoce dei valori islamico-tradizionali, e l'altro, rappresentato da Nidaa e dai suoi affiliati, espressione di un nazionalismo che si rifà alla tradizione del riformismo tunisino e al padre della patria Habib Bourghiba.

Gli insuccessi sul piano economico, l'insorgere del pericolo terrorismo, l'uccisione di due deputati della sinistra popolare (Chokri Belaid e Mohamed Brahmi) per mano di alcune formazioni salafite, minarono a tal punto la capacità di governo di Ennhadha che fu costretta ad accettare, nel settembre 2013, di lasciare il potere all'esecutivo tecnico di Mehdi Jomaa. Queste vicende tuttavia non impedirono di compiere il primo passo verso la realizzazione della transizione democratica ovvero la promulgazione della Costituzione il 27 gennaio 2014.

Lo scenario che si trova di fronte l'elettore oggi è in gran parte simile a quello del 2011, con un centinaio di partiti, relativo rischio di dispersione di voti e una maggior probabilità di bassa affluenza alle urne ma è caratterizzato da un accentuato bipolarismo attorno ai due piu' grandi partiti, Ennhadha e Nidaa Tounes. Il voto di domenica indicherà chi tra i due governerà la Tunisia per i prossimi cinque anni.

Durante la campagna elettorale Essebsi leader di Nidaa ha escluso ogni possibile alleanza con Ennhadha, sottolineando la visione moderna della società del suo partito rispetto a quella antiquata del partito islamico. Ghannouchi ha sempre dichiarato che il suo partito non ha bisogno di lezioni in materia di democrazia, Islam o libertà, ed ha invece basato la sua campagna sul "consenso" come elemento fondamentale per governare il Paese. Arrivare primi nelle preferenze degli elettori è fondamentale perché la nuova Costituzione premia il partito di maggioranza con il diritto di nominare il capo del prossimo governo. Se Essebsi, secondo molti, è il principale favorito al Palazzo di Cartagine, Ennhadha ha preferito puntare tutto sulle legislative scegliendo di non presentare nessun candidato alle presidenziali.

In queste elezioni rimane piuttosto debole la presenza come capolista delle donne che si attesta al 12%, e l'attenzione a temi come lotta alla disoccupazione, alla tortura, tutela dei diritti degli handicappati, protezione dell'ambiente e delle fasce più deboli della società. Le preoccupazioni maggiori degli attori politici sembrano concentrarsi piuttosto sulle alleanze del dopo elezioni necessarie per governare il paese.

Con il voto di domenica e la formazione del futuro parlamento si arriva all'ultima fase della transizione democratica del paese, che si concluderà con l'elezione del primo presidente della Repubblica il 23 novembre. Ultima grande incognita resta lo spettro della minaccia terroristica, più che mai attuale visto gli episodi di questi giorni, che potrebbe gettare un'ombra funesta sull'intero processo elettorale ma che Stato e forze dell'ordine hanno imparato loro malgrado a conoscere e contrastare con mezzi adeguati.(ANSAmed).

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